Sudafrica, Zuma si dimette

Il 14 Febbraio Jacop Zuma, presidente del Sudafrica ha annunciato le sue dimissioni. A capo del Paese dal 2009, riconfermato con le elezioni del 2014, Zuma si è dimesso dall’incarico non per sua volontà, ma a causa delle pressioni provenienti dal suo stesso partito l’African national congress (Anc).
L’Anc ha infatti espresso una volontà di rinnovamento e sul Presidente pesano ormai innumerevoli accuse di corruzione e coinvolgimento in scandali soprattutto di natura sessuale. Una tra le recenti accuse di corruzione è quella che vede il coinvolgimento di una famiglia di imprenditori indiani, la famiglia Gupta, che in cambio di favori economici al Presidente avrebbe guidato la scelta di alcune candidature al governo sudafricano.
Non è la prima volta che all’interno del partito nascono divisioni e divergenze. Anche nel caso del predecessore di Zuma, Thabo Mbeki, l’Anc aveva espresso un desiderio di cambiamento che aveva portato alla scelta di Zuma stesso. Mbeki era infatti accusato di non avere abbastanza a cuore i problemi interni del paese e di concentrarsi troppo invece sulle questioni internazionali.
Le caratteristiche della Presidenza Zuma sono tristemente note: altissimi livelli di corruzione, relazioni e legami di tipo clientelare, ingerenza dei poteri economici sugli affari pubblici. Questo tipo di gestione del potere ha portato il Sudafrica ad una grossa crisi economica con povertà diffusa, grossissimi livelli di disuguaglianza, qualità dei servizi scadente e incapacità di gestire la sicurezza del Paese. Molti investitori stranieri sono inoltre in fuga e il tasso di disoccupazione supera il 27%.
Questa situazione appare maggiormente triste perché il Sudafrica con la fine dell’Apartheid era diventato, per il resto dei paesi africani, un modello da seguire e imitare e l’Anc era il partito che aveva guidato la transizione democratica del Paese. Dopo il 1994 i sudafricani erano stati infatti in grado di influenzare i programmi di organizzazioni come l’Unione africana e le Nazioni Unite ed erano stati chiamati ad assumere un ruolo di rilievo nella gestione dei conflitti come quello in Burundi o in Zimbabwe e nella costruzione di nuove relazioni con l’Occidente.
Il 15 Febbraio il Parlamento, dominato dall’Anc, ha quindi eletto Cyril Ramaphosa presidente scegliendolo come “uomo del cambiamento”.
Ramaphosa è un ex leader sindacale nato e cresciuto a Soweto e divenuto un tra i maggiori businessmen del Sudafrica. Egli ha posto al centro delle sue promesse di governo la lotta alla corruzione, che ha definito la causa principale della decadenza dell’economia sudafricana e l’impegno per la crescita. Ha dichiarato infatti di voler portare la crescita a +5%, ridare fiducia agli investitori, rimettere in ordine i conti dello Stato e migliorare allo stesso tempo sanità e istruzione.
Molte sono le aspettative su questo nuovo governo, anche se, secondo qualcuno, dopo un decennio di gestione del potere di Zuma qualsiasi altra alternativa sarebbe stata accolta con entusiasmo e ottimismo.
La situazione ereditata da Ramaphosa è estremamente complessa, sarà veramente in grado il nuovo Presidente di imprimere una svolta politica al Paese nonostante una crisi con radici politiche ed economiche così profonde?

Leyla el Matouni

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