Negli ultimi cinque anni il governo britannico ha rimpatriato più di 200mila persone. Dopo il referendum sulla Brexit, le espulsioni hanno colpito sempre di più una categoria: i cittadini europei. Solo nel 2017, 5.300 sono stati allontanati dal Regno Unito, con un aumento del 20 per cento rispetto all’anno precedente.
Per legge il governo britannico può decidere di rimpatriare un cittadino europeo se ha commesso un crimine o se ha perso la residenza (per esempio perché gli era stata concessa per motivi di studio e lavoro, e non studia o lavora più), oppure perché ne sta facendo un “uso improprio”.
Per capire quanto siano gravi questi provvedimenti bisogna tenere presente la situazione del Regno Unito, il contesto attuale: ci sono più di 300mila persone che dormono per strada, in ostelli di emergenza, o in strutture messe a disposizione da comuni e servizi sociali; nel rapporto di una delle associazioni maggiormente impegnate nell’aiuto alle persone senza fissa dimora si legge che queste sono circa 13mila in più rispetto al 2016. A Londra, secondo il governo, le persone che dormono per strada sono più di ottomila. Il 40 per cento arriva da paesi dell’Unione europea, in particolare dalla Romania (15 per cento) e dalla Polonia (8 per cento), mentre gli italiani sono solo il 2 per cento. Intanto cresce sempre di più il numero di “lavoratori senza fissa dimora”, persone cioè che lavorano regolarmente, pagano le tasse, ma non hanno una casa.
Secondo un portavoce del ministero dell’interno, “non è accettabile che qualcuno arrivi nel Regno Unito con l’intenzione di dormire per strada”. I senza dimora, secondo il governo, starebbero “danneggiando la reputazione di Londra come destinazione turistica, avendo un impatto negativo sui servizi ai residenti e agli altri visitatori”.
Dal maggio 2016, bastava essere senza dimora. E questo perché il ministero dell’interno (guidato da Theresa May, prima che diventasse premier) aveva emanato un provvedimento secondo cui gli europei che dormivano per strada stavano “abusando” della loro libertà di movimento e non avevano il diritto di rimanere nel Regno Unito, anche se avevano un lavoro, pagavano le tasse e avevano una residenza.
A nulla sono bastate le pressioni provenienti dalla Commissione europea sulle politiche troppo restrittive e a volte umilianti della May. Per un anno e mezzo le lettere per il rimpatrio di tutti i senza fissa dimora sono andate aumentando in modo esponenziale.
Per anni sono state utilizzate misure eccessivamente dure nei confronti delle persone senza fissa dimora. Molti di loro venivano portati a Harmondsworth, uno dei centri di detenzione per migranti in attesa di rimpatrio esistenti nel paese, dove le persone sono trattenute a tempo indeterminato, visto che la legge non stabiliva alcun limite. Harmondsworth si trova vicino all’aeroporto di Heathrow, a ovest di Londra, ed è il più grande di questi centri. Ogni anno circa 30mila persone passano attraverso questi centri. Sono richiedenti asilo in attesa di risposta, o persone a cui non è stato concesso lo status di rifugiato, oppure europei accusati di aver “abusato” della loro libertà di circolazione. Le inchieste di Bbc Panorama e Channel 4 News Investigation hanno rivelato cosa succede in due centri di detenzione: si va dallo spaccio di droga alle violenze delle guardie sui detenuti.
Dal dicembre 2017 però le cose stanno iniziando a cambiare. Il merito di questo cambiamento è dato dall’azione di due polacchi e un lettone che, colpiti dal provvedimento, si sono appellati alla Corte Suprema Britannica. Il 14 dicembre 2017, dopo mesi di battaglie legali, la corte lo ha dichiarato illegittimo. Per cui oggi una cosa del genere non potrebbe più accadere. Tuttavia le ripercussioni sulla vita dei senza fissa dimora sono state pesantissime e hanno effetti ancora oggi.
Carmen Sindona