Di Gaia Mandelli, Amnesty International gruppo 225 di Forlì.
In occasione della giornata mondiale della libertà di stampa, il gruppo 225 di Amnesty Forlì insieme al Centro Pace e all’Associazione stampa Forlì-Cesena è sceso in piazza per mantenere una luce accesa sul caso di Julian Assange e su quello di tutti coloro che quotidianamente sono costretti a sperimentare una delle più grandi violazioni dei diritti umani.
Come è stato più volte ricordato nel corso di questo presidio, la libertà di stampa e quella d’espressione non sono semplicemente un potente strumento che è stato conquistato a fatica, bensì sono i capi saldi della democrazia, in ogni parte del mondo. Purtroppo, ancora oggi, come sottolinea il rapporto di Amnesty International 2022-2023, la repressione del dissenso e della società civile è rimasta una delle tendenze chiave a livello globale sui diritti umani. Afghanistan, Etiopia, Myanmar, Russia, Ruanda sono solo alcuni dei paesi che si sono macchiati di catture, detenzioni arbitrarie, uccisioni e minacce nei confronti di migliaia di cittadini e giornalisti.
In Russia, ad esempio, una nuova legislazione di fatto vieta di menzionare in modo critico la guerra in Ucraina. In Etiopia, le autorità hanno arrestato arbitrariamente lavoratori dei media e ostacolato gli sforzi delle organizzazioni della società civile per l’avvio di un processo di pace. In Afghanistan, le autorità talebane hanno sottoposto i giornalisti a detenzioni arbitrarie e torture per aver riportato in modo critico la loro presa di potere nel Paese, iniziata nel 2021. In Myanmar, le autorità militari hanno arrestato decine di operatori dei media e mantenuto il divieto sui mezzi d’informazione indipendenti. In Mali, le autorità hanno sospeso le emittenti nazionali ed estere, arrestato o minacciato giornalisti e tutti coloro che avevano osato criticare il governo o l’esercito. In Turchia, il parlamento ha approvato una nuova legge sulla disinformazione, che aumenta i poteri del governo sui social media, mentre le autorità continuano a detenere e perseguire decine di giornalisti, difensori dei diritti umani e oppositori politici con pretestuose accuse in materia di terrorismo. In Etiopia, nell’ultimo anno, le autorità hanno arrestato almeno 29 giornalisti e operatori dei media, molti dei quali in assenza di una formale incriminazione.
Ma non è tutto. Oltre ai consueti strumenti di controllo e repressione appena citati, molti paesi come El Salvador, Messico, Perù, Spagna, Grecia e Polonia, per un totale di 18 Stati, hanno sfruttato illecitamente la tecnologia, rendendola una vera e propria arma, per mettere a tacere giornalisti e attivisti, per controllarli, per impedire assemblee pubbliche nonché per veicolare informazioni false. In particolare, lo spyware Pegasus, prodotto dall’azienda israeliana NSO Group, si è posizionato sul podio per aver esercitato una sorveglianza digitale assolutamente illegale, nonché una forma molto violenta di censura, installandosi automaticamente nei cellulari di giornalisti, attivisti e politici, con il fine di porli sotto stretto controllo e di minacciarli. “È una vergogna che un potente strumento per combattere la criminalità sia usato per attaccare i giornalisti indipendenti e coloro che difendono i diritti umani. È una vergogna che non abbiamo la minima idea di chi sia dietro questi attacchi. È impossibile non sentirsi infuriati quando la nostra vita intera è nelle mani di qualcun altro e non si sa chi ne sia responsabile (…). Ora il mio modo di comunicare è cambiato, sono cambiati i luoghi dove ero solita andare e penso sempre due volte a che genere di informazioni voglio condividere, non solo per la mia sicurezza ma anche per proteggere coloro che comunicano con me. Devo stare in guardia rispetto ai posti in cui vado e stare molto attenta ogni volta che ho il telefono vicino a me. Come giornalista devo salvaguardare le mie fonti, ma come donna devo proteggere la mia famiglia e i miei amici. La sorveglianza è una cosa indegna nei confronti della nostra vita professionale e di quella privata”. Queste sono le parole di Julia Gavarrete, giornalista di El Salvador, intervistata da Amnesty International dopo che il suo telefono è stato infettato dallo spyware.
Sebbene non sia stato ancora fatto abbastanza, nel marzo del 2022 il Parlamento europeo ha istituito il “Comitato Pega” per indagare sull’uso di Pegasus e di altri spyware in Europa. Grazie alle indagini svolte dal “Comitato Pega” e dal “Pegasus Project”, frutto della collaborazione tra giornalisti di 17 organi di stampa di dieci paesi, e alle sollecitazioni avanzate da quest’ultimi sono state intraprese alcune azioni verso una giustizia comune, ma i governi rimangono ancora troppo silenti. Possiamo solo accodarci alle parole di Danna Ingleton, vicedirettrice di Amnesty Tech e lottare affinché non rimangano vane: “La sorveglianza mirata e illegale nei confronti dei difensori dei diritti umani e della società civile è uno strumento di repressione. È giunto il momento di troncare questa industria che continua ad agire nell’ombra”.
È giunto il momento di illuminare questa zona grigia, poiché “non saremo al sicuro finché non lo saranno tutti. Nessuno escluso” 1 .
1 Slogan della campagna Amnesty “Nessuno escluso”, per il diritto alla salute.