Camerun: la Catalogna africana

In Camerun il conflitto tra anglofoni e francofoni si concretizzò nel 1918, quando il territorio venne spartito tra i vincitori della Prima guerra mondiale: l’area ad est fu posta sotto il controllo dei francesi, mentre quella ad ovest (al confine con la Nigeria) fu attribuita ai britannici.

Nel 1961, con la dichiarazione d’indipendenza, le due aree si riunificarono, dando vita alla Repubblica federale del Camerun. Nel 1972 il presidente Ahmadou Ahidjo indisse un referendum, per far si che lo stato federale si trasformasse in uno stato unitario. E così fu. Il 99,99% della popolazione optò per il sì, anche se l’altissima percentuale fu letta come una manipolazione elettorale. Da quel momento gli anglofoni più radicali cominciarono a sostenere che l’indipendenza potesse essere l’unica garanzia per i loro diritti e che, con l’annessione, le tracce del bilinguismo, che da sempre avevano caratterizzato il paese, avrebbero finito per essere calpestate. Nel 1984 i separatisti crearono la repubblica indipendente di Ambazonia, nella zona meridionale del Paese, guidati da Gorji Dinka, che successivamente sarebbe stato arrestato ed accusato di “tradimento”. La lotta continuò, fino a quando nel 2004 i camerunesi del sud fondarono il Partito di liberazione dell’Ambazonia, aprendo le porte della neonata repubblica all’Organizzazione delle nazioni e dei popoli non rappresentati. Nel 2006 nell’Ambazonia confluì la ricca penisola di Bakassi, per opera del partito l’Organizzazione dei popoli del Camerun del sud.

A inizio di novembre 2017 fu creato un “governo” nella repubblica di Ambazonia, presieduto dall’ingegnere informatico Sisiku Julius Ayuk Tabe, che attualmente vive in esilio negli Stati Uniti. Egli si fece portavoce della frustrazione della popolazione anglofona giacché la repubblica non è ancora stata riconosciuta. Nel 2016 era stata avanzata la richiesta di applicazione della Common Law, in un contesto nel quale i residenti sono giudicati secondo il codice civile francese e la promozione del bilinguismo continua ad essere schiacciata dalla maggioranza camerunese.

Le manifestazioni di protesta si esasperarono nel corso del 2017, quando, in gennaio, il governo bloccò i collegamenti internet nella regione per evitare gli appelli all’odio. Dopo continue dimostrazioni, culminate nel settembre dello scorso anno, che portarono all’arresto di centinaia di separatisti, il presidente Bilai impose il coprifuoco, vietando le riunioni di più di quattro persone e proibendo gli spostamenti tra le città della regione durante i fine settimana.

Ciononostante il primo ottobre Sisiku Ayuk proclamò l’indipendenza, denunciando i metodi cruenti con cui si erano schiavizzati i diritti politici e civili della popolazione anglofona. Ovviamente la repressione da parte della pubblica sicurezza non tardò ad arrivare, e nello scontro tra indipendentisti e militari 17 persone persero la vita. Da quel momento in poi sono letteralmente germogliati alcuni movimenti di resistenza tra cui il “Consiglio di Governo dell’Ambazonia” e il “Consiglio Nazionale del Camerun del Sud”; ad oggi le Nazioni Unite si mostrano preoccupate circa l’accaduto e invitano la maggioranza francofona ad incoraggiare misure di riconciliazione che possano porre fine a questa spirale di violenze, senza quindi mostrarsi comprensivi nei confronti di una richiesta d’indipendenza, senza dubbio non opinabile.

La chiesa cattolica ha sposato posizioni di aperta condanna contro questo “genocidio culturale”, che porta all’annientamento dell’autodeterminazione dei popoli, principio fondante di ogni potenza che si professa democratica. Le restrizioni alle libertà, il divieto di dimostrazioni, l’arresto e l’abbattimento di militanti di partiti politici, giornalisti e ricercatori è anche servito come pretesto per una maggiore repressione e per un maggiore controllo sui social media. Il rifiuto del regime, di negoziare su questioni fondamentali e la sua risposta, a volte brutale, evidenzia la natura autoritaria che si cerca sempre di mascherare, ma che inevitabilmente viene fuori quando la volontà di subordinare prevale su qualsiasi altro nobile valore.

Camilla Cazzato

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