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Sanzioni economiche: quando pacifismo e nonviolenza non corrispondono

Di Chiara Tammaro – 

Oggigiorno sentiamo spesso parlare di sanzioni economiche, in particolar modo quelle recentemente attuate dalla comunità internazionale occidentale verso la Russia a causa dell’invasione dell’Ucraina. Da definizione si tratta di misure impiegate per esercitare un potere su un altro soggetto, in modo che questo cambi comportamento politico o ci rinunci; nell’Art.42 della Carta delle Nazioni Unite le sanzioni vengono descritte come “misure che non implicano l’utilizzo della forza armata e che hanno scopo di dare effetto alle decisioni del Consiglio di Sicurezza”.

Ad un primo sguardo, possono sembrare delle ottime alternative ad un’ipotetica Terza Guerra Mondiale. Nonostante ciò, molte persone credono che siano inutili e che la comunità internazionale, specialmente quella europea, dovrebbe essere più aggressiva contro la Russia. Però le vere domande che dovremmo porci, oltre ad interrogarci sulla loro efficacia, sono: si tratta di misure legittime? Sono veramente strumenti nonviolenti? Al Centro per la Pace di Forlì, il 13 giugno, abbiamo cercato di rispondere proprio a queste domande.

COSA SONO LE SANZIONI ECONOMICHE?

 Se nel primo dopoguerra, dopo aver visto i costi umani e economici della Grande Guerra, la Società delle Nazioni poneva le sanzioni economiche come alternativa ad un nuovo conflitto armato (Art. 16), oggi queste vengono utilizzate come mezzo per garantire i valori comuni. Con questo termine, nel diritto internazionale, si intendono dei principi fondamentali condivisi da più soggetti che ne influenzano le interazioni. Questi sono elencati nell’Art. 2 TUE e negli Art. 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite: dignità umana, democrazia, libertà, uguaglianza, stato di diritto e diritti umani, compresi quelli delle minoranze. Dunque, qualsiasi soggetto internazionale che violi questi valori è punibile attraverso sanzioni economiche, in accordo con l’Art. 7 TUE e l’Art. 42 della Carta delle Nazioni Unite. In più, la Politica Estera e di Sicurezza Comune e l’Art. 21 TUE stabiliscono l’utilizzo delle sanzioni economiche per la protezione dei diritti umani e la pace internazionale da parte dell’Unione Europea, non solo all’interno della UE, ma nel mondo.

MA FUNZIONANO?

 Per riflettere sulla legittimità di sanzioni di questo tipo, bisogna prima tentare di stabilire se funzionano o meno. I pareri degli esperti e delle esperte al riguardo sono, però, discordanti. Infatti, secondo uno studio degli anni ’90 condotto da Hufbauer, Schott e Elliott, le sanzioni economiche sono efficaci solamente nel 34% dei casi, anche se questa percentuale può variare a seconda degli scopi principali delle misure adottate; ad esempio, nel caso l’obiettivo principale fosse destabilizzare il paese, il tasso di successo salirebbe fino al 50%. Al contrario, uno studio del Center for  Economic  Policy  Research  afferma  che  la  maggior  parte delle sanzioni economiche funziona, in quanto queste riescono ad intaccare il welfare del paese target. Il caso della Russia potrebbe confermare questa affermazione: il PIL è sceso del 2%, la crescita del PIL fino al 2024 è stata peggiore di come sarebbe stata senza sanzioni (FMI) e le entrate derivate dai combustibili fossili sono diminuite del 40% nel 2023. In più, la Russia sta avendo difficoltà a reperire tecnologie utili a continuare la guerra in Ucraina. Ovviamente questo non permette di prevedere una risoluzione del conflitto nel breve termine.

QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELLE SANZIONI ECONOMICHE?

 Due delle critiche principali che vengono poste contro le sanzioni economiche provengono da Beyers, professore di Scienze Politiche all’Università di Antwerp: la teoria economica delle sanzioni economiche si basa sulla convinzione che il paese target cambi atteggiamento in base ad un solo stimolo (il peggioramento del welfare) e una sola variabile (le sanzioni), in base ai suoi interessi; secondo il politologo, però, si dovrebbe considerare che i soggetti internazionali agiscono anche in base alle proprie convinzioni e credenze; questo spiegherebbe perché, pur funzionando dal lato economico, spesso queste misure non raggiungono il loro obiettivo. In più, secondo Beyers, le sanzioni economiche a lungo termine hanno un effetto negativo sui cittadini e le cittadine, in quanto spesso portano ad effetti  controproducenti,  permettendo  ai  governi  target  di  rafforzare  il nazionalismo economico e politico. Anche Dursun Peksen, politologo americano, esprime preoccupazione riguardo alle conseguenze delle sanzioni economiche, in particolare quelle a lungo termine, multilaterali e ad ampio raggio. Queste, infatti, contribuiscono troppo spesso al deterioramento dei diritti umani. Esempi di queste conseguenze sono le sanzioni attuate dall’ONU sull’Iraq di Saddam Hussein e dagli Stati Uniti sulla Cuba di Castro: in entrambi i casi i due governanti hanno approfittato di queste misure per formare alleanze strategiche e rafforzare il sistema di repressione del dissenso, così come il loro consenso popolare, con conseguenze disastrose sulla popolazione.

Proprio il caso dell’Iraq fu un punto di svolta per l’Unione Europea che passò dalle prime sanzioni economiche attuate autonomamente negli anni ‘80 ad ampio raggio, a quelle più recenti, più mirate, su individui e istituzioni responsabili e settori strategici dell’economia. Ad esempio, quelle contro la Russia oggi colpiscono più di 2300 individui fra cui il presidente Putin, il ministro degli Esteri, oligarchi e propagandisti del Cremlino. Ad ogni modo, queste ultime sono in realtà delle eccezioni, in quanto particolarmente severe rispetto a quelle verso altri paesi, pur avendo come obiettivo di minimizzare l’impatto contro la popolazione innocente. Questa buona intenzione, però, non ha impedito che le cittadine e i cittadini in Russia affrontassero un aumento esponenziale della povertà e della disoccupazione che inevitabilmente incidono in modo negativo sulla loro vita in aggiunta alla rafforzata repressione delle/dei dissidenti.

SONO DAVVERO MISURE NONVIOLENTE?

 Come ha sottolineato Pasquale Pugliese del Movimento Nonviolento, “pacifico” non significa necessariamente “nonviolento”, ovvero nonviolenza non significa mera assenza di violenza, ed è proprio questa distinzione ad essere essenziale quando riflettiamo sulle sanzioni economiche. Questo tipo di misure, sebbene si possano definire misure pacifiche, che non implicano l’utilizzo della forza militare, non si possono considerare nonviolente, viste tutte le conseguenze negative sui diritti umani e le popolazioni innocenti. Infatti, secondo Francois Villant, esponente del Movimento Nonviolento Internazionale, potrebbero essere misure nonviolente se incluse in una strategia politica efficace, moralmente accettabile e con degli obiettivi precisi e praticabili, ma questo non è mai stato fatto. Inoltre, secondo Robert J. Burrowes, membro della rete Transcend, per poterle considerare veramente nonviolente, le sanzioni dovrebbero avere uno scopo riabilitativo, non punitivo, dovrebbero essere mirate e con conseguenze minime sulla popolazione. Purtroppo, siamo ancora molto lontani/e da questa condizione.

Pasquale Pugliese ha infatti evidenziato che gli articoli precedentemente menzionati della UE e dell’ONU hanno effettivamente l’obiettivo di mantenere la pace, quindi di

evitare la guerra, e che questo rende le misure che ne derivano senza dubbio pacifiche, ma per ottenere delle azioni nonviolente, mancano alcune accortezze molto importanti. Oltre a doverne eliminare gli effetti controproducenti, fra cui l’indebolimento delle opposizioni che invece dovrebbero essere supportate, ci sono tre fondamenti della nonviolenza che ad oggi non vengono applicati quando si attuano sanzioni economiche:

  • L’aderenza alla verità (Satyagraha);
  • L’aumento graduale dell’intensità delle azioni;
  • Il non nuocere (Ahimsa).

Secondo questi principi, il paese attuatore delle sanzioni dovrebbe iniziare con misure più leggere e aumentarne la gravità gradualmente, ma soprattutto queste sanzioni dovrebbero danneggiare il regime target senza colpire e nuocere le persone così pesantemente come succede oggi. Il primo punto, invece, implicherebbe l’eliminazione di fake news e una garanzia di trasparenza fra i diversi governi coinvolti. Ad oggi, purtroppo, niente di tutto questo sembra potersi avverare nel prossimo futuro.

L’EFFICACIA DEL BOICOTTAGGIO DAL BASSO

 Pugliese ha poi sottolineato l’importanza dei boicottaggi dal basso, i cui meccanismi sono simili alle sanzioni economiche, in quanto essi si basano sul far diminuire le entrate di un’entità, così da portare ad un cambiamento di atteggiamento da parte di quest’ultima. La differenza è che, in questo caso, la trasparenza, la gradualità delle azioni e il non nuocere possono essere rispettati più facilmente. Pugliese ha portato tre esempi di boicottaggi che hanno ottenuto grandi risultati. Abbiamo parlato dell’impegno di Gandhi per l’indipendenza dell’India, dello sciopero del sale e del cotone per favorire la produzione locale e danneggiare le aziende inglesi; dello sciopero degli autobus partito da Rosa Parks negli Stati Uniti che portò alla fine della segregazione delle persone nere sui mezzi pubblici e incoraggiò l’organizzazione di altre azioni anti-segregazione; infine delle sanzioni contro il Sudafrica che hanno funzionato perché intensificate da un grande boicottaggio dal basso.

UN FUTURO CON SANZIONI ECONOMICHE PIU’ GIUSTE E AZIONI NONVIOLENTE DAL BASSO

 In questo momento storico e nel contesto internazionali in cui viviamo, dove il livello medio globale di pace è diminuito per l’ennesima volta nel 2025, ovvero per il tredicesimo anno negli ultimi 17 anni, e la militarizzazione è aumentata in 106 paesi negli ultimi due anni, invertendo il trend mondiale di diminuzione durato quasi due decenni, diventa ancora più importante valutare le conseguenze delle sanzioni economiche. Infatti, sebbene al di là del loro comprovato successo dal punto di vista economico, queste abbiano dimostrato anche un grande potenziale per garantire i cosiddetti valori comuni, tra cui la pace e i diritti umani, gli effetti a cui portano sono spesso controproducenti e nocivi. Dunque, si auspica che venga presa in considerazione la possibilità di inserire questo tipo di sanzioni in strategie internazionali nonviolente, in modo da tentare concretamente di disinnescare le potenziali future escalation in modo più efficace e meno dannoso per le persone innocenti.

Oltre a ciò, anche la popolazione può e dovrebbe attivarsi sia per rendere le sanzioni più efficaci, sia per agire quando le istituzioni nazionali o internazionali non ne applicano o non fanno abbastanza per garantire i diritti umani, così nel nostro paese come al di fuori. Viviamo in un mondo sempre più individualistico, ma esistono eccezioni, movimenti che si adoperano per diverse cause e lo fanno in maniera nonviolenta. Dunque, il nostro dovere morale è quello di far conoscere questi movimenti e cercare di far sviluppare senso civico ed empatia verso persone vicine e lontane da noi, non solo alle giovani generazioni, ma a tutti i cittadini e le cittadine. Pasquale Pugliese ha parlato proprio di due iniziative di boicottaggio attive, partite dal basso, a cui poter partecipare e da diffondere: una partita proprio dal Movimento Nonviolento è una campagna contro le banche armate, quelle che investono nel commercio di armi; l’altra è guidata da un movimento palestinese e mira a boicottare, disinvestire e chiedere sanzioni contro Israele.

 

Fonti e approfondimenti:

Le sanzioni economiche e la strategia nonviolenta”, Comitato scientifico per la difesa popolare nonviolenta, 1996

Ghironi, Kim, Ozhan, “International trade and macroeconomic dynamics with sanctions ”,

Center for Economic Policy Research, 2024

Principi di base per il ricorso alle misure restrittive (sanzioni), Consiglio Unione Europea, 2024

  1. Peksen, “Better or Worse? The Effect of Economic Sanctions on Human Rights”, 2009 “Sanzioni dell’UE contro la Russia”, Consiglio Unione Europea

Le sanzioni contro la Russia funzionano”, Delegation of the European Union to Ukraine, 2022

Impact of sanctions on the Russian economy”, Consiglio Unione Europea, 2023

Global Peace Index 2025, Istitute for Economics and Peace, 2025

What are the sanctions on Russia and have they affected its economy? ”, BBC, 2024

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