Di Sofia Nolè per #SpeakUp
Quanto è importante al giorno d’oggi parlare di stereotipo e pregiudizio?
Questi due termini possono ormai sembrare scontati, invece risulta tuttora fondamentale continuare a parlare, spiegare e riflettere su questi meccanismi cognitivi che plasmano la nostra percezione del mondo. Questo è ciò che #SpeakUp ha voluto fare, insieme al Centro per la Pace, il 20 ottobre 2023 durante l’incontro intitolato “Gli stereotipi nella quotidianità: dall’infanzia all’età adulta” insieme all’esperto Dottore Carlo Tomasetto, Professore Associato in Psicologia dello Sviluppo dell’Educazione presso l’Università di Bologna.
In psicologia uno stereotipo viene definito come una o più categorie di pensiero utili ad organizzare la realtà esterna in base a pochi tratti salienti, senza considerarne la complessità e senza attingere all’esperienza diretta con le categorie di riferimento.
Quindi, uno stereotipo non è che un pensiero generato dalla nostra mente attraverso associazioni automatiche, ad esempio l’associazione di una categoria di persone a determinate caratteristiche, come, ad esempio, persona anziana-persona debole oppure donna-persona sensibile.
E’ necessario sottolineare che gli stereotipi non sono da considerare dei meccanismi pericolosi o percorsi dannosi della nostra mente, in quanto risultano molto utili a livello cognitivo, siccome permettono di attivare la modalità “risparmio energetico”. Infatti, procedendo per stereotipi, la mente è capace di categorizzare la realtà con semplificazioni e unificazioni che formano delle scorciatoie di pensiero o schemi mentali in grado di fornire informazioni molto velocemente.
Quando, invece, uno stereotipo diventa pregiudizio, è possibile iniziare ad attivare dei “campanelli d’allarme”. Infatti, se lo stereotipo si rifà all’area cognitiva, il pregiudizio è connesso a quella emotiva. Il pregiudizio, perciò, può essere definito come: un’opinione precostituita, un giudizio preventivo affrettato o avventato, privo di giustificazione razionale o emesso a prescindere da una conoscenza precisa dell’oggetto e tale da impedire valutazioni corrette. Quindi, un pregiudizio si basa su uno stereotipo che è stato generato a livello cognitivo e al quale viene aggiunta una componente, spesso negativa, basata su opinioni generalizzate e
assimilate o esperienze vissute.
Accade di frequente che il pregiudizio conduca alla discriminazione. La discriminazione affonda le sue radici nella fobia del diverso, una paura naturale e tipica della specie umana mediante la quale si mette in pratica un atteggiamento protettivo e funzionale alla conservazione del gruppo sociale di appartenenza. La discriminazione, quindi, può essere intesa come l’insieme di comportamenti negativi e a volte violenti generati da stereotipi e pregiudizi. E’ possibile affermare, quindi, che il pregiudizio e la discriminazione siano strettamente connessi, in quanto si alimentano e rafforzano vicendevolmente.
Gli argomenti che orbitano attorno agli stereotipi e ai pregiudizi sono tutti degni di attenzione, ma durante l’incontro con il Professor Tomasetto, la conversazione ha fatto luce su alcuni stereotipi e sulla discriminazione di genere che ancora oggi si evidenziano a livello sociale.
Gli stereotipi di genere rientrano nella categoria degli stereotipi sociali e possono essere visti come un insieme di idee preconcette riguardanti caratteristiche fisiche, comportamentali, ruoli e abilità di un genere in particolare.
“Sono femmina perché gioco con le bambole”
Al contrario di quanto si possa pensare, gli stereotipi di genere si sviluppano fin dai primi mesi di vita di un bambino mediante l’esposizione agli stereotipi condivisi e messi in pratica dai soggetti di riferimento, come genitori, tutori o insegnanti. Se una bambina, ad esempio, sarà sempre indirizzata verso giochi considerati “da femmine”, come le bambole, nella sua mente svilupperà lo stereotipo per cui la bambola è un gioco da femmina e sarà portata a interiorizzare questo pensiero. Ciò comporta, quindi, una categorizzazione della realtà che la circonda e un’iniziale modellazione della sua identità di genere: pensa di essere una femmina perché gioca con le bambole.
“Sono una donna perciò non mi occupo di scienza”
Gli stereotipi di genere hanno una forte risonanza su molti aspetti della vita e dello sviluppo della propria identità. Infatti, possono plasmare la percezione di sé e condizionare la scelta di alcuni ruoli che vogliamo assumere all’interno dei piccoli e grandi gruppi sociali in cui viviamo. Un dato significativo rispetto a questo argomento, riguarda la “quota rosa” all’interno degli studi scientifici. Infatti, chi si occupa di materie STEM è nella maggior parte di sesso maschile perché spesso, fin da piccoli, siamo esposti ad alcuni stereotipi che, come in questo caso, non permettono di avvicinarci a determinati campi di interesse. E’ interessante, però, osservare anche la situazione opposta, ovvero i numeri relativi alla presenza di uomini in campo umanistico, che tutt’oggi risultano essere molto bassi.
“Ma io sono un uomo, non posso pensare ai bambini”
Sebbene sia sbagliato affermare che gli stereotipi influenzano le nostre scelte personali, è possibile comunque considerare il forte condizionamento e, soprattutto, la stretta connessione con le discriminazioni di genere.
Tendenzialmente si parla di discriminazione di genere in ambito lavorativo. Come confermato da una recente indagine ISTAT, intitolata “La vita delle donne e degli uomini in Europa: un ritratto statistico”, in Europa il tasso di disoccupazione femminile risulta più alto di quello maschile e gli uomini occupano posizioni di lavoro più elevate, come quelle di manager, CEO, ecc.… Questo comporta per le donne un guadagno minore del 15% rispetto a quello degli uomini, evidenziando alcune disuguaglianze di genere che riguardano la paga oraria. I dati che si riferiscono al lavoro e alla carriera però, possono essere osservati in relazione ad altri aspetti della vita maschile e femminile. Si osserva, ad esempio, che il 29,9% delle donne cerca e ricopre un ruolo lavorativo a tempo parziale, contro l’8,4% degli uomini. Ciò è strettamente connesso ai dati riguardanti la cura dei figli e i lavori domestici. La percentuale delle donne che si occupano dei lavori domestici e dei figli è nettamente superiore a quella degli uomini. Il 78% delle donne, ad esempio, si occupa delle attività domestiche quotidianamente, contro il 32% degli uomini. Dando ancora voce agli stereotipi e alle discriminazioni di genere, donne e uomini continuano a vivere nei ruoli tradizionali di donna-madre e padre-lavoratore, rispecchiando la tradizione stereotipata e binaria senza porsi troppe domande a riguardo. Questa visione viene sistematicamente tramandata di generazione in generazione a livello educativo. Spesso senza rendersene conto, infatti, affidiamo i lavori domestici alle nostre figlie femmine e perdoniamo più facilmente un figlio maschio che non rispetta la regola di ripiegare i vestiti prima di sistemarli nell’armadio o diamo per scontato che la figlia femmina resti vicina ai propri genitori in caso di situazioni difficili, mentre diamo poco peso al disinteresse del figlio maschio. Dobbiamo pensare, però, che i nostri figli saranno gli adulti del futuro e se speriamo che per loro possa esistere un mondo equo e non violento è necessario lavorare su questi piccoli atteggiamenti.
“Ma tanto alla fine non cambia mai niente”
Anche questa affermazione non è altro che il frutto di un pensiero stereotipato, ma è possibile combatterlo. Cominciando dal ragionamento e dall’analisi dei comportamenti che ognuno di noi mette in pratica quotidianamente, si può successivamente contribuire anche a livello collettivo avvicinandosi a ciò che ci sembra lontano e diverso, osservando e cercando di conoscerlo oltre il giudizio. Le parole chiave, quindi, diventano: osservazione, conoscenza ed empatia, tutto ciò che serve per costruire una percezione della realtà lontana dalla discriminazione e dalla violenza.
Fonti:
- Istat, “La vita delle donne e degli uomini in Europa. UN RITRATTO STATISTICO”, Edizione 2020: https://www.istat.it/donne-uomini/index.html?lang=it
- Treccani, Enciclopedia delle scienze sociali (1996)
- A. Pellegrino, “Natura e caratteristiche di pregiudizi e stereotipi” in “Lettere dalla Facoltà”, Bollettino dalla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche, N. 3, 2020
- A. Dièz “Stereotipi e pregiudizi: qual è la differenza?”: https://lamenteemeravigliosa.it/stereotipi-e-pregiudizi-differenza/
- https://www.psicologionline.net/articoli-psicologia/articoli-psicologia-dintorni/stereotipi-e-pregiudizi
- M. Beller, “Studi sui pregiudizi e gli stereotipi”: http://www.studiculturali.it/dizionario/lemmi/studi_pregiudizistereot_b.html