Nel tentativo di migliorare un sistema scolastico che non riesce ad insegnare i fondamenti della lingua e della matematica, alcuni insegnanti hanno deciso di guardare al passato. Nei villaggi delle zone indigene del Messico infatti, un gruppo di maestri ha ripreso un metodo antichissimo per insegnare la matematica ai bambini e aiutarli a pensare meglio: la matematica maya.
I benefici del metodo maya nell’apprendimento delle prime nozioni di matematica sarebbero enormi e permetterebbero di eseguire anche le operazioni più difficili come le divisioni o le radici quadrate senza troppo sforzo usando il tablero, la griglia maya. Le regole di questo tipo di matematica sono infatti semplici: un fagiolo vale uno, un bastoncino di legno vale cinque fagioli, la conchiglia di pasta è lo zero e di conseguenza anche i costi per procurarsi il materiale sono contenuti.
La civiltà Maya è stata la prima a scoprire lo zero e a sviluppare uno dei primi sistemi di scrittura dell’area mesoamericana, tra l’altro considerato il più sofisticato, contenente 800 simboli; per non parlare delle conoscenze in campo astronomico e architettonico. Nel 2012, addirittura, un Comitato formato da studiosi italiani, spagnoli e ricercatori messicani, ha proposto all’Unesco di far entrare nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità la matematica maya, proprio perché considerata una delle più avanzate del suo tempo nell’uso dei numeri.
La scuola elementare messicana Ignacio Ramirez Calzada ha cominciato ad usare il metodo maya a Settembre e il Preside ha dichiarato che, a parte l’investimento iniziale per la formazione degli insegnanti, il metodo non è costato quasi nulla. Secondo il sociologo Manuel Gil Antem esperto di istruzione, il metodo maya aiuterebbe a consolidare le strutture elementari della logica, a sviluppare una mente analitica e critica e soprattutto ad avere maggiore coscienza di concetti astratti come quelli matematici.
E’ il Professor Magaña, laureato in matematica che, dopo aver a lungo studiato gli effetti di questo metodo, introduce per la prima volta nel 2009 l’insegnamento maya nel sistema scolastico messicano con l’approvazione, dapprima incerta, dei funzionari ministeriali che si occupano dell’istruzione indigena. Le statistiche Ocse sulle competenze matematiche degli studenti messicani dei villaggi indigeni rivelano tra il 2010 e il 2011 un significativo miglioramento: nel primo anno solo il 3, 1 % degli studenti era risultato eccellente in matematica, nel secondo risulta esserlo l’8,3 %. Indipendentemente dalle statistiche e dal fatto che questo miglioramento sia effettivamente legato al metodo maya, gli insegnanti sono convinti che l’esperimento stia avendo un effetto positivo e vorrebbero estenderlo al resto del Paese.
Non è certo che vi sia un accordo a livello nazionale su questo punto, tuttavia i nuovi programmi di studio nazionali resi noti nel 2017 elencano tra gli obiettivi da raggiungere il “ragionamento matematico” e la spinta ad avere “un atteggiamento positivo” nei confronti della matematica nella scuola primaria.
Quello che più entusiasma il professor Magaña è che i bambini, con il sistema maya, sembrano diventare più sicuri di loro stessi, soprattutto quelli delle comunità indigene, che non hanno molte possibilità di ricevere un’istruzione adeguata. In un paese come il Messico infatti, dove le disparità sociali sono molto profonde, è importante che i bambini degli strati sociali meno privilegiati acquisiscano fiducia in loro stessi.
Magaña è infatti convinto che chi impara a pensare correttamente e in modo analitico non possa essere manipolato, perciò insegnare la matematica nel giusto modo può rappresentare uno strumento per intervenire sulle disuguaglianze.
Leyla el Matouni