Cosa ha spinto i pastori sardi ad una protesta e ad un gesto così estremo? buttare il latte di pecora, che rappresenta per loro tutto il lavoro e i sacrifici che ci stanno dietro, dato che il latte è solo il prodotto finale di un investimento fisico ed economico.
La voce dei pastori sardi aveva iniziato a farsi sentire già in vista delle elezioni del 2018, quando molti di loro avevano riconsegnato in comune la tessera elettorale, per attirare l’attenzione sul settore da sempre poco o per nulla considerato.
È una protesta quindi senza colore politico, dato che è iniziata proprio dalla dimenticanza di tutti i partiti. Ma la riconsegna della tessera elettorale per le elezioni del 2018 non è bastata e in seguito all’ ultimo abbassamento del prezzo del latte, che lo ha fatto scendere a 0.60 centesimi di euro al litro, si è arrivati alla disperazione dei pastori, che hanno dato inizio alle attuali proteste. Queste proteste così estreme hanno iniziato ad attirare l’attenzione dei politici sulla questione e, durante il tavolo di filiera “vertenza Latte”, svolto a Cagliari lo scorso 16 Febbraio, a cui hanno partecipato il Ministro Gian Marco Centinaio, il Presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, gli allevatori e i membri delle cooperative e industrie casearie, è stato elaborato un documento in cui si fissava il costo del latte a 0.72 €/litro. Ma gli allevatori puntano ad arrivare almeno a 80 cent al litro nell’immediato, per poi portarlo ad 1 euro al litro.
Sembra paradossale che la maggiore economia sarda, la principale produzione di latte di pecora, e con essa la produzione della maggior parte del formaggio Pecorino Dop esportato in tutto il mondo, sia così poco presa in considerazione nonostante i numerosi segnali di richiamo.
Hogan, commissario europeo all’agricoltura, ha stabilito l’invio di funzionari Ue in Sardegna, per coinvolgere il Consorzio nei programmi dell’Unione Europea.
Infine i pastori chiedono una “distribuzione più equa dei profitti all’interno della filiera dei prodotti lattiero caseari, attraverso clausole nelle quali si dichiara che il livello di remunerazione della materia prima utilizzata è tale da coprire i costi di produzione”.
Speriamo che si raggiunga al più presto un accordo, così da evitare che venga buttato il latte, cibo e lavoro per i pastori, e che si riporti nell’isola la stabilità economica e sociale che merita e che venga riconosciuto il patrimonio di storia, tradizioni, qualità e innovazione che caratterizza le centrali del latte.
Marta Torcinovich