La guerra NON è una partita di calcio, smettiamola di tifare

Un articolo di Derik Maltoni– Rappresentante Servizio Civile Universale per la Regione Emilia-Romagna.

Due squadre, una partita… ma questa volta a fischiare il “calcio d’inizio” non è l’arbitro. Inizia così l’ennesima guerra del nostro tempo, tra bombe, razzi, minacce e morti.

È proprio vero, l’essere umano dimentica. Siamo così bravi a dimenticare chi siamo stati, tanto da mettere a rischio le poche certezze acquisite negli ultimi decenni. Per la seconda volta in due anni siamo chiamati ad assistere alla guerra, prima quella scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, e ora quella tra Israele e Palestina. Assistere a queste immagini ci ha portati a schierarci da una parte o dall’altra. Ma è veramente questo il nostro “ruolo”? (sempre se in questa “partita” si debba avere un ruolo).

Siamo bombardati di notizie, noi, dall’una o dall’altra parte. Ma tra Israele e Palestina le bombe sono purtroppo reali. E mentre persone soffrono e muoiono, noi stiamo solo continuando ad alimentare l’odio tra le parti. E quelle parti, ora, siamo anche noi.

Le notizie informano, le opinioni dividono. Essere giornalisti, in questo momento storico più che mai, non è affatto semplice. La notizia non potrà mai essere solo “oggettiva”, di oggettivo esistono solo i video, perché le telecamere non possiedono l’abilità di pensare. I giornalisti, prima di tutto, sono persone comuni che raccontano i fatti cercando sempre di essere il più oggettivi possibile. Ma le persone, soprattutto quelle che vivono direttamente queste notizie, sono inconsapevolmente portate a raccontare i fatti dal loro punto di vista. Ciò non vuol dire raccontare una propria idea o una propria opinione, ma descrivere i fatti dai loro occhi. Ed è da un articolo che parte tutto. Un semplice post nei social, con il fine di informare su ciò che sta accadendo a pochi passi da noi, diventa un campo di battaglia digitale. Nel quale “vince” solo chi la “spara più grossa”, tra complottismi di ogni genere, racconti di nuovi ordini mondiali, vaccini con i feti, antenne 5G che manovrano le menti, e molto altro ancora… E se vuoi semplicemente raccontare i fatti vieni deriso, insultato e minacciato. Se desideri solamente narrare le notizie così come sono, senza per forza prendere una netta posizione, vieni definito addirittura criminale.

Sono anni che i giornalisti vengono definiti “schiavi dei potenti”, anni che sentiamo dire che esiste un “complotto per manovrarci”. Ma la verità è molto più complessa di un banale complotto. Per raccontare la verità bisogna studiare, andare a fondo, e non fermarsi mai davanti all’illusione di “essere arrivati”.
La “verità in tasca” non la possiede nessuno. Ed è sicuramente più facile fermarsi al complotto, anziché fare lo sforzo di andare fino in fondo.
Purtroppo nel mondo non tutte le persone, a quanto sembra dai social, possiedono abbastanza intelligenza dal voler fare il sacrificio di andare a fondo nelle notizie. Ed è così che quella che è la sacrosanta libertà di espressione di ogni cittadino, diventa un’irresponsabile escalation di odio e falsità.
Perché no, non esiste, e non potrà mai esistere, il diritto di dire sempre ciò che si vuole. Le idee, e soprattutto le parole, hanno un enorme peso.
La libertà di espressione non può esistere disgiunta dalla responsabilità, e dal dovere di pesare sempre ciò che si dice. E, soprattutto durante un conflitto come quello tra Israele e Palestina, il compito di giornalisti e cittadini è quello non fomentare l’odio e di schierarsi dall’unica parte possibile… quella della pace!

Perché in questo conflitto, più che mai, non esiste una parte giusta se non la pace. Schierarsi dall’una o dall’altra parte significa essere complici di numerosi omicidi e crimini di guerra. Abbiamo persone che sostengono Hamas e la Palestina, che raccontano che si sta parlando troppo dell’attacco terroristico di Hamas, e che si sia parlato troppo poco negli anni delle continue violenze che Israele ha commesso contro la Palestina.

E poi abbiamo l’altra parte che sostiene Israele, secondo cui chi commette atti di terrorismo e violenza, come quelli che Hamas ha commesso in questi giorni, non possa rimanere impunito. Questa parte vede come unica vittima Israele. La verità, però, è che in questo conflitto ambedue le parti sono colpevoli. Da una parte abbiamo le violenze che per anni Israele ha fatto subire alla Palestina, e quelle che anche adesso realizza contro le popolazioni che abitano a Gaza. E dall’altra parte abbiamo Hamas, una vergognosa e criminale organizzazione terroristica, che tutto fa tranne creare resistenza ai crimini di Israele. Chi sostiene una delle due parti è da considerarsi criminale, tanto quanto loro, perché la verità è che le parti sono tutte e due da considerarsi criminali. Le uniche vittime di questo conflitto, come di tutti gli altri d’altronde, sono i civili, di tutte e due le parti! Persone innocenti che sperano soltanto di sopravvivere, di non vedere i loro cari morire, e di non vedere la propria casa bombardata.

In questa “partita” dobbiamo smettere di fare il tifo, perché il mondo non ha bisogno di altro odio. E se proprio dobbiamo tifare qualcosa, facciamo che essa sia la pace. Per tutti tutti i civili coinvolti, senza alcuna distinzione.
La pace è l’unica parte da sostenere, perché come diceva Gino Strada: “La più aberrante in assoluto, diffusa e costante violazione dei diritti umani è la guerra, in tutte le sue forme. Cancellando il diritto di vivere, la guerra nega tutti i diritti umani. […]

Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra.”

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