Ibrahim Boubacar Keita (anche conosciuto come IBK) viene eletto presidente del Mali nel 2013, a seguito del colpo di stato del 2012, anno in cui si sono formati anche gruppi ribelli tuareg e gruppi terroristici.
Mesi prima dell’inizio del mandato di Keita, il precedente presidente maliano in persona, Dioncounda Traoré‚ in un discorso alla nazione, aveva comunicato di aver chiesto e ottenuto un intervento aereo della Francia, in accordo con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), contro i ribelli jihadisti che occupavano, ed occupano ancora, il nord del Paese. La missione addestrativa è iniziata nell’aprile 2013 sotto la direzione militare della Francia.
Il Mali è considerato profondamente instabile da anni, e quello del 2012 non è certo il primo colpo di stato della storia del Paese.
Nel 2018 Keita viene rieletto, nonostante abbia già perso consenso. Ma è nel 2020 che avviene la svolta. In concomitanza con le elezioni parlamentari vengono compiute varie attività sospette, tra cui il sequestro di uno dei leader dell’opposizione. La Corte Costituzionale, a sua volta controllata dal presidente che ne nomina un terzo dei membri, legittima il governo del presidente, pur non essendo legittimata dai manifestanti.
L’opposizione reagisce formando una lega tra Movimento 5 giugno, nome derivato dalla data della loro prima apparizione pubblica, e Raggruppamento delle forze patriottiche (M5G-RFP),che prevede l’organizzazione di una protesta antigovernativa per la data del 5 giugno.
Dal 5 giugno le proteste, contro quello che il popolo maliano considera un abuso di potere del presidente, non si fermano fino a quando l’esercito, il 18 agosto, decide di porre fine al governo di Ibrahim Boubacar Keita (IBK).

La situazione di instabilità seguita alle controverse elezioni legislative di marzo 2020, che si sono tenute nonostante la crisi sanitaria e il rapimento del principale esponente di opposizione, Soumaila Cissé, da parte di gruppi legati all’insurrezione jihadista e l’escalation di proteste guidate da una coalizione di partiti di opposizione ed esponenti della società civile, il M5G-RFP, ha contribuito a precipitare il corso degli eventi.
Il M5G-RFP è un fronte sociale composito, in cui convergono esponenti del mondo della cultura, militanti di estrema sinistra, seguaci dell’islam politico, partiti liberali di opposizione, come scrive Luca Ranieri nel suo articolo di Nigrizia.
In particolare emerge la personalità dell’imam Mahmoud Dicko, considerato nel 2020 uno degli uomini più influenti del Mali, identificato come leader del Movimento 5 giugno. L’imam è noto per aver spesso denunciato gli errori dei politici, le loro derive, la cattiva gestione, le ingiustizie e le sofferenze della popolazione. Ma alcuni guardano con sospetto l’ascesa di questo religioso, temendo che in futuro il Mali possa scivolare verso l’imposizione della legge coranica e del califfato.
Alla guida del Mali è salita una giunta militare
La comunità internazionale ha condannato il golpe. La deposizione di IBK nell’Unione Europea, in Russia, in Turchia ha inizialmente suscitato dei timori.
“La stabilità della regione e del Mali e la lotta al terrorismo devono rimanere priorità assolute”, ha affermato l’UE.
Il CNSP (Comitato nazionale per la salvezza del popolo), la giunta militare sorta dopo il colpo di stato e formata dai militari che vi hanno partecipato, ha confermato immediatamente le alleanze internazionali del Mali. La Francia, pur condannando il golpe, ha finito per accettare la realtà dei fatti, arrivando a giudicare controproducente un ritorno di Keita. La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha immediatamente imposto dure sanzioni economiche al Mali per piegare la giunta militare.
Queste sanzioni erano state ideate al fine di esercitare pressioni per un rapido ripristino di un governo civile, ma anche per dissuadere i cittadini di altri Paesi africani a seguire l’esempio del Mali. Tuttavia aver messo alla guida del governo un civile, Moctar Ouane, è bastato all’ ECOWAS a rimuovere le sanzioni e riaprire le frontiere con il Mali.
Gli oppositori (M5G-RFP) dell’ormai ex presidente del Mali, Keita, in un primo momento avevano elogiato la nuova giunta militare (CNSP) per aver fatto dimettere Keita. Da allora, tuttavia, le relazioni tra le due parti si sono rapidamente deteriorate. Già a settembre il M5G-RFP aveva criticato il CNSP per averlo messo da parte e aveva accusato il partito di cercare di monopolizzare la transizione.
Il 24 ottobre, il M5G-RFP ha avvertito i suoi sostenitori che i militari del CNSP avevano “violato i suoi impegni” e ha affermato che il CNSP ha scelto il presidente e il primo ministro della transizione, Bah N’daw e Moctar Ouane, “maliziosamente e fraudolentemente”.
I nuovi decreti “hanno smascherato e rivelato il carattere puramente militare della transizione, che ha l’aspetto esteriore di una transizione civile ma non sta più ingannando nessuno“, ha scritto il M5G-RFP, lanciando un appello ai sostenitori affinché “si uniscano alla resistenza”.
Il movimento M5G-RFP non è l’unico gruppo ad aver preso le distanze dalla transizione guidata dall’esercito. Dall’11 novembre, molte parti hanno espresso serie riserve sul modo di fare del CNSP.
“Il consiglio (CNSP) non dovrebbe avere un ruolo di supervisione sui partiti”
“Abbiamo messo in guardia tutti sui rischi connessi a questa transizione, useremo tutti i mezzi necessari e, se necessario, scenderemo di nuovo in piazza in modo che questo abuso di potere non sia tollerato”
Housseini Amion Guindo, presidente del CODEM (Convergenza per lo Sviluppo del Mali)
–Mali: Calls to boycott National Transitional Council grow louder
Issa Kaou N’Djim, fidato collaboratore dell’imam Dicko, suo portavoce e membro fondatore del M5G-RFP, poche settimane fa ha dichiarato che il raggruppamento M5G-RFP non esiste più.
“Il Movimento 5 giugno è morto, voglio dire il M5G è morto di una bella morte”
-Bamada.net
Giada Alagic – NIGRIZIA N.11 – NOVEMBRE 2020 – LA CRISI POLITICA E LE SUE RIPERCUSSIONI INTERNAZIONALI