Istruzione: un investimento redditizio?

Il nostro paese sembra voler risparmiare in questa spesa considerata ormai “obsoleta”, di poco conto. Infatti, solamente il 3,5% del Pil nazionale viene investito nel campo dell’istruzione: uno dei dati più bassi in tutto il continente europeo.

Disinvestire nell’istruzione dei suoi cittadini, per un paese, significa bloccarne la crescita e la competitività. A dimostrarlo sono i dati: i paesi che hanno tagliato le spese in questo campo coincidono con quelli che stanno avendo una crescita più lenta, mentre coloro che, al contrario, dedicano investimenti massicci al settore della formazione rilevano livelli di crescita più alti. E’ il caso, ad esempio, di Cina, India, Australia e Brasile, che investono strategicamente in questo settore con risultati soddisfacenti, sia per quanto riguarda la formazione dei loro cittadini, che la crescita del loro PIL.

Quanto descritto sopra accade perché, seppur non ce ne rendiamo conto, istruire e formare le future generazioni significa intrinsecamente creare competenze e capacità indispensabili per stare al passo con i nostri competitor. Non si può pretendere di aumentare la competitività di un paese senza passare per la scuola, l’educazione e la formazione.

E’ necessario dare ai cittadini le competenze che il mondo attuale richiede: in particolare un paese come il nostro, nonostante rimanga in alcuni settori una grande potenza, ha un innegabile bisogno di sviluppare competenze digitali, per mettersi al passo con i giganti dei nostri giorni. Questa politica di tagli verso un settore strategico per la nostra crescita finirà probabilmente per nuocere ad un paese che potrebbe avere tutte le carte in regola per competere a livello internazionale nei settori di maggiore rilevanza. I progetti, le idee e la buona volontà non mancano di certo a questa Italia, che sarebbe opportuno spiegasse le ali: investiamo quindi nella nostra formazione, di certo un investimento che ci ripagherà!

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