Secondo Jeffrey Alexander spesso non siamo razionali come ci piace pensare, ma siamo spinti dalle nostre emozioni. Queste possono governare il mondo formando volontà collettive che offrono significato e ragioni verso determinate economie e guerre. Guerre che spesso ci vengono presentate, da politici e intellettuali, come razionali e giuste per raggiungere una futura sicurezza e pace. Ma che cosa è giusto e sbagliato? Cosa è male e cosa è bene? Queste categorie altro non sono che costrutti sociali utilizzati per ridurre la complessità del reale, eliminando le sfumature grigie, rendendo tutto nero o bianco e legittimizzando l’innalzamento di barriere contro tutto ciò che viene visto come minaccia o “male” ( come fra Messico e America dove Trump vuole innalzare un muro).
Queste guerre terminerebbero, se si oltrepassassero i propri pregiudizi razziali, etnici, religiosi e culturali in nome di una moralità universalizzata e di una volontà di pace collettiva.
Aristotele ci dice che il mantenimento della lealtà verso valori morali, è impedito dalla vita economica e politica moderna in cui il materialismo colonizza e mette a repentaglio la creazione della cultura e della solidarietà. Poiché Aristotele sottolinea il ruolo di una esperienza morale universale per la creazione e il mantenimento del bene, il fatto che nella nostra società l’individuo tenda a rivolgersi verso sé stesso, verso i propri interessi invece che verso la collettività, può portare a pericoli per la pace. Questo mi riconduce al concetto di violenza strutturale di Farmer: un tipo di violenza strutturata da determinanti storiche, potenze economiche e politiche che limitano la libertà di scelta di individui vulnerabili, facendo sì che le norme e le istituzioni vengano viste dai cittadini come date a priori, insormontabili. Oggi è proprio questo che accade: si vedono le grandi istituzioni politiche ed economiche come una forza su cui non si riesce ad agire e non come formate da individui come noi. Questo porta ad un clima di scetticismo, perché si perde fiducia nelle istituzioni e nella forza e nel valore della collettività, importante per creare una volontà e una forza collettiva che vada ad incidere sulla realtà. Il risultato è campo libero ai potenti per legittimare guerre e rappresentare ciò che è bene e ciò che è male, assoggettando le menti labili dei propri cittadini.
Anche secondo Durkheim la condivisione dei valori è importante per la costruzione di una forte solidarietà e volontà di pace fra gli individui.
Ma perché se la solidarietà è alla portata di tutti non ci uniamo per combattere violenze e razzismi? In una società sempre più complessa i pareri, i valori, gli ideali si polarizzano, ciò che è bene per una cultura per un’altra è male. E’ difficile, se non impossibile, placare la sete di potere di alcuni individui in nome del bene collettivo e riunire tutte le persone sotto una unica bandiera, dato che anche di fronte a eventi naturali catastrofici che minano la vita di tutti gli individui, ricchi o poveri che siano, ci sono ancora potenti che perseguono i propri interessi (come oggi si può vedere). Non è impossibile però avere influenza su istituzioni politiche ed economiche corrotte e incidere sulla realtà insieme pacificamente, per esempio votando nelle urne coloro che difendono i diritti umani. Importante è l’avvio di un processo di educazione ai valori morali universali, che abbia l’obiettivo di far riscoprire alle persone il proprio valore, la forza della collettività e dare strumenti per diventare oggetti di sé stessi e non di altri e per avere una visione più critica della nostra realtà così complessa. Non rimaniamo fermi e in silenzio. Cambiare si può, ma insieme.
Francesca Casanova