di Massimo Donati
Per una transizione verso la Difesa Popolare Nonviolenta
Anche chi sostiene la possibilità di utilizzare la nonviolenza nei conflitti fra le persone singole o per difendere diritti all’interno di una comunità, rimane perplesso di fronte alla proposta di usare la nonviolenza, la difesa civile non armata nei conflitti fra le nazioni, nelle guerre.
Eppure in passato questa forma di resistenza è stata usata anche durante i conflitti e anche nei confronti dell’occupazione nazista – giusto per fare un esempio. Non solo ci sono esempi storici, ma sono stati fatti anche sforzi nella direzione di studi teorici su come prepararsi ad una difesa delle istituzioni e dei valori di una nazione con metodi nonviolenti. Certo – come tutte le cose – anche una difesa civile non si improvvisa e si fatica a vedere come possa essere attuata in un conflitto in atto.
Ma cerchiamo di uscire dall’emergenza; in Italia nel campo della protezione civile è stato fatto questo percorso: è difficile gestire un soccorso improvvisando cosa fare durante l’evento (il terremoto, l’alluvione….): occorre fare scelte per essere “pronti il giorno prima”; sulla base di questa pianificazione negli ultimi 30 anni il “sistema” della protezione civile è cresciuto, ha dato spazio alle autonomie locali (non è più un compito solo dello Stato, ma anche le Regioni ed i sindaci sono “autorità” di protezione civile), ha coinvolto i cittadini e le associazioni di volontariato.
Anche in tema di difesa cerchiamo di fare un passaggio di transizione – ma una transizione vera: il significato corretto di questo temine è quello di “passaggio” da una condizione ad un’altra (che è cosa diversa da “una via di mezzo fra una condizione ed un’altra”); per operare una transizione dobbiamo avere ben presente quale è l’obiettivo ultimo che vogliamo raggiungere e – con la consapevolezza che non possiamo ottenere immediatamente quel risultato – dobbiamo trovare le condizioni praticabili oggi per andare in direzione della meta individuata.
Oggi è possibile per i giovani (uomini e donne) fare un servizio civile volontario; quello che non tutti sanno è che fare il servizio civile vuol dire proprio praticare la difesa nonviolenta; nel sito internet del Governo, alle pagine del Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale, viene riportato cosa è ufficialmente in Italia il S.C.U.:
“Il Servizio civile universale è la scelta volontaria di dedicare alcuni mesi della propria vita al servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana, attraverso azioni per le comunità e per il territorio.
Il Servizio civile universale rappresenta una importante occasione di formazione e di crescita personale e professionale per i giovani, che sono un’indispensabile e vitale risorsa per il progresso culturale, sociale ed economico del Paese.”
La strada è già aperta e percorribile; le associazioni di volontariato hanno una grande responsabilità, quella di dare gambe a questa opportunità, di costruire dal basso una rete che creda nel servizio e nella nonviolenza, che sviluppi gli studi teorici su questo tema, che faccia formazione ai giovani, che sperimenti e addestri i cittadini a pensare di risolvere i conflitti in questo modo.
I giovani possono impegnarsi a percorrere questa strada; non pensiamo che occorra modificare le leggi o le istituzioni per vedere dei cambiamenti; pensiamo che già oggi possiamo fare qualcosa di concreto.
Su questi temi ho scritto un testo “Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?” (libro ed e-book) – se volete approfondire questi temi ve ne propongo la lettura.
disponibile c/° la Biblioteca del Centro Pace di Forlì:
inventario <9241> collocazione 08-pace/391