Bielorussia e violenza

“La violenza contro chi protesta non è la risposta. La libertà di espressione, di assemblea, i diritti umani di base devono essere sostenuti”: lo scrive su twitter il presidente del Consiglio europeo Charles Michel commentando i fatti in Bielorussia.

Cosa sta succedendo esattamente in Bielorussia in questi giorni? Partiamo da domenica 9 agosto, giorno delle elezioni presidenziali.

L’opposizione bielorussa si era prefissata di adottare delle misure pacifiche di protesta: questo approccio rende il processo molto chiaro ai cittadini, in modo da far scendere persone in piazza sia in città grandi e sia in città piccole in numeri mai visti prima. Alle sei del mattino del 9 agosto gli osservatori hanno cominciato a riunirsi ai seggi elettorali e si sono consultati. Poi, un paio d’ore più tardi, hanno chiesto che fossero annunciati i primi dati dell’affluenza. Pochi osservatori indipendenti sono stati autorizzati a entrare nei seggi elettorali, solitamente con il pretesto che, a causa del covid-19, all’interno dell’edificio non potevano trovarsi più di cinque osservatori nello stesso momento. Allora gli osservatori si sono piazzati fuori dal seggio e hanno registrato il numero di persone che entravano, contando quanti tra loro indossassero un braccialetto bianco, simbolo dell’opposizione. Le osservazioni coincidono con le valutazioni degli analisti indipendenti, secondo i quali tra i due terzi e i tre quarti dei cittadini sostengono l’opposizione. Svetlana Tikhanovskaya è forse il presidente eletto dalla Bielorussia, o almeno il candidato in testa nel voto di domenica 9 agosto, in quanto lo scrutinio indipendente le assegna il 70% delle schede.

Il presidente uscente Alexander Lukashenko, in carica da 26 anni, sostiene però di aver preso l’80% e Svetlana solo il 9%, contraddicendo non solo i sondaggi informali, ma anche le aspettative di buona parte dell’opinione pubblica. Nonostante le numerose prove di brogli e manipolazioni, insiste di aver stravinto. Ora Svetlana è anche una profuga politica. È fuggita in Lituania, dopo aver registrato un video in cui invita i bielorussi a non andare in piazza, ma i suoi sostenitori continuano a farlo, nonostante la polizia e i militari stiano sparando contro la folla, nonostante un morto, decine di feriti e migliaia di arresti. È qui che si assiste ai veri scontri. Secondo la Reuters i feriti sono stati circa 1.300 e addirittura a Minsk la polizia antisommossa è ricorsa a una violenza indiscriminata, usando anche le granate stordenti e arrestando manifestanti pacifici e persino persone che si tenevano a distanza dalle proteste. In un video terrificante si vede una camionetta della polizia investire un manifestante a tutta velocità su un tratto di strada molto ampio.

I resoconti stampa indipendenti indicano che ci sono varie persone in condizioni critiche, e uno di loro è morto dopo essere stato volontariamente investito da un camion.

Questa non è una protesta che combatte per un leader, è una rivolta popolare, che coinvolge giovani e meno giovani, intellettuali e operai che scioperano, capitale e città di provincia. L’aver costretto Svetlana all’esilio non ha decapitato la protesta, l’ha resa solo più determinata.

Chiara Cifani

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