Da cosa si misura la ricchezza di un paese? Dal Pil, certo, dal debito pubblico, dalla qualità della vita. Tutto corretto, ma un paese è davvero all’avanguardia, “ricco”, se permette a chiunque, anche il più povero e “insignificante”, di diventare qualcuno. L’Italia, almeno fino ad oggi, non si mostra all’altezza di ciò. In Italia, se nasci figlio\a di una famiglia che conta, che ha una certa posizione e riconoscimento sociale, bene; se invece non fai parte di questa fetta di “priviligiati” le cose si fanno un po’ complicate. Si chiama immobilismo sociale: siamo bloccati nel nostro ruolo e nelle nostre origini familiari e non è data alcuna possibilità di farsi valere, di mostrare ciò di cui si è capaci ed essere riconosciuti per questo, senza che le nostre capacità siano indissolubilmente legate a ciò che eravamo, alla famiglia da cui siamo nati ecc. Sul sito EQUALCHANCES.ORG , creato dal dipartimento di Economia e finanza dell’Università di Bari, troviamo una classifica stilata in base ad alcuni criteri come: l’indice di diseguaglianza, mobilità nell’istruzione, la trasmissione di reddito da una generazione a quella successiva.
In Italia la metà del reddito dei figli dipende da quello dei genitori. Assieme a questo dato bisogna calcolare anche il livello di benessere tra una generazione e la successiva . Un periodo di maggior benessere rende più facile l’emancipazione dallo status dei genitori; questo è accaduto anche in Italia, ma da circa 20 anni si è fermata la seppur debole crescita economica che ha caratterizzato gli ultimi decenni del nostro paese. Un altro dato significativo è che in Italia non c’è un rapporto tra progresso nell’istruzione e livello del reddito. Il titolo di studio dei genitori ha sempre meno valenza nel determinare quello dei figli e le opportunità relative a reddito, lavoro e benessere. Se negli ultimi decenni c’è stato un miglioramento nella mobilità tra generazioni nell’istruzione, quest’ultimo non ha portato ad un miglioramento nella mobilità tra generazioni nel reddito e non si è ridotto il livello di diseguaglianze di opportunità. Come viene spiegato anche dalla Banca Mondiale, a parità di istruzione il peso della famiglia di origine, fatto di status, conoscenze, relazioni, ha il suo peso soprattutto in ambienti sociali fermi con chiusura mentale e con maggiore disoccupazione. Da qui la diseguaglianza relativa delle opportunità, sempre più caratterizzate dalla propria origine.
In ultimo, in un’indagine sulla previsione “se i bambini che nascono oggi staranno meglio di noi”, gli Italiani sono al penultimo posto, poiché ben 8 su 10 non la pensano così.
Sara C. Coppola