Armi e munizioni da Roma ad Ankara: come si muove il mercato

Il flusso di armi è sempre più crescente tra Roma e Ankara, si tratta di un movimento sotterraneo e continuo che nel 2019 ha raggiunto cifre milionarie. Il problema è che non è finito sotto i riflettori durante l’offensiva dell’esercito turco nel nord-est della Siria; in quel caso l’attenzione dei media per le vendite si è concentrata solo su alcuni armamenti, come elicotteri e batterie missilistiche e su una importante società, la Leonardo. In realtà il quadro risulta essere ben più complesso e i protagonisti molteplici, tra cui il Ministero degli Esteri e i privati, che hanno un ruolo chiave nel comparto del munizionamento. Le cifre di tale collaborazione bellica risultano essere impressionanti: nel 2013 il nostro paese ha destinato (tramite il ministero degli Esteri) alla Turchia armi per un valore di 11,4 milioni di euro, nel 2018 la quota è schizzata a 362,3 milioni. Cosa abbiamo esportato? Non solo pezzi per produzione di elicotteri, ma anche armi di calibro superiore a 12,7 millimetri, bombe, munizioni, siluri, razzi, aeromobili, software, tecnologie. 

Altro dato che non traspare è la Relazione inviata al Parlamento riguardo al numero e al valore delle autorizzazioni rilasciate per vendite di armi per ogni Paese destinatario. L’Italia nel biennio 2017-2018 è il paese che più di tutti ha autorizzato l’esportazione di munizioni a favore di Ankara, per un valore totale di 105 milioni di Euro; sul tempo di autorizzazione e consegna risulta però esserci uno scarto e su questo intervallo i dati sono praticamente sconosciuti, se non fosse per l’Istat che fornisce informazioni sulla voce export ‘Armi e munizioni’. Tra Gennaio e Settembre 2019 sono arrivate in Turchia armi dall’Italia per un valore di 76,2 milioni, mentre nel 2018 solo 24,9 milioni; coloro che hanno fatto aumentare il dato della vendita di armi sono i privati: il più noto è il MES, una società fondata nel 1984, partner del ministero della Difesa, che ha ricevuto per diversi anni autorizzazioni per la vendita di armi in Turchia. Il MES è passato da autorizzazioni per un valore di 16 milioni di Euro nel 2016 ad un valore di 51 milioni nel 2018. Altro socio del MES è la Empire S.r.l. e la UAMA, nessuna di queste aziende private ha risposto a domande riguardo al loro business e anche il Ministero della difesa ha voluto mantenere un basso profilo. La luce sulle bombe in Turchia può essere fatta solo facendo riferimento alla Leonardo, colosso quotato in borsa di cui lo Stato detiene il 30%; da notare come il capo delegazione Camillo Pirozzi abbia confermato la ‘collaborazione eccezionale’ tra Leonardo e le forze turche. Tra le forniture troviamo elicotteri all’avanguardia e un sistema altamente tecnologico per controllare i traffici marittimi. Nel 2019 sono arrivati i bombardamenti turchi a danno dei Curdi, che sono stati attaccati anche dalle aree definite “safety zone”. 

Il governo Conte tempo fa aveva affermato la necessità di sospendere le licenze per l’esportazione di armi, ma questo atto annunciato è scomparso circa un mese dopo per svariate ragioni. La prima motivazione è di tipo politico: il ministero ha giustificato la necessità di tutelare gli interessi pubblici inerenti alle relazioni internazionali, poiché la Turchia risulta essere un partner strategico in funzione anti-Daesh. La seconda motivazione ha a che fare con le regole: non si possono modificare drasticamente le autorizzazioni per motivi di sicurezza e difesa nazionale e per correttezza delle relazioni internazionali. 

Gli attacchi nel frattempo sono andati avanti e i dati della Mezzaluna Rossa Curda riportano la notizia di 300 mila sfollati, oltre 700 morti, svariate persone espulse dalla Turchia e diversi profughi e il Rojava risulta essere invaso. 

Alessio Manto

 

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