A 50 anni dalla legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare

a cura di Raffaele Barbiero

Il percorso dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia

L’obiezione di coscienza è l’atteggiamento di chi si interroga di fronte alla realtà, alle norme che gli vengono proposte; di chi non accetta la delega, ma si chiede se quel comportamento, quella cosa propostagli sia etica, rispettosa dei propri convincimenti personali, in buona sostanza della propria coscienza. Se la propria coscienza risponde negativamente, la persona rifiuta, si oppone alla norma e intraprende un percorso alternativo.

Ovviamente perché l’obiezione di coscienza sia reale, necessita di due condizioni:
a) la coscienza deve essere formata e informata. Formata ai valori condivisi dell’umanità (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, Onu 1948) e della propria comunità civile (Costituzione europea e italiana). Informata, cioè in grado di conoscere il contesto in cui si muove e le opzioni possibili. Per fare ciò è necessario studiare, leggere, approfondire, scambiare opinioni, confrontarsi, dialogare, ecc.

b) in caso di disobbedienza questa deve essere civile. Per disobbedienza civile si intende quella attuata apertamente, alla luce del sole e che accetta le conseguenze del proprio agire. La disobbedienza civile si pone l’obiettivo di creare dibattito, discussione, confronto, in altre parole “scandalo” con il proprio agire, per poi indurre l’opinione pubblica, la controparte del momento, a cambiare l’atteggiamento e/o le regole che hanno determinato il proprio atto di disobbedienza.

Il 15 dicembre di quest’anno si celebrano i 50 anni dalla prima legge che nel 1972 (Legge 772/1972) in Italia legalizzò l’obiezione al servizio militare. Prima del 1972 chi obiettava al servizio militare rischiava o subiva il carcere, come Pietro Pinna nel 1948, o Fabrizio Fabbrini (nato a Forlì) e Giuseppe Gozzini, primi obiettori che si rifanno anche alla fede cattolica. Negli Anni Sessanta sono famose anche le prese di posizione di padre Ernesto Balducci e di don Lorenzo Milani: entrambi subiscono condanne e persecuzioni giudiziarie, anche se il motto di don Milani, riproposto in un libro dal titolo “L’obbedienza non è più una virtù” (Libreria Editrice Fiorentina, 1965), rimane un punto di riferimento per ogni obiettore, credente o non credente.

Per diventare un diritto riconosciuto, il percorso è però difficile e pieno di ostacoli. È solo grazie ad alcune sentenze della Corte Costituzionale e al coraggio di alcuni obiettori di coscienza (come Antonio De Filippis della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini), che nel 1998 con la legge 230 si riconosce pienamente il diritto ad obiettare, rifiutando le armi e il servizio militare, e si prevede anche la possibilità di una difesa non armata e nonviolenta. Va ricordato con amarezza e dispiacere che a gennaio del 1992, cioè sei anni prima, la nuova legge sull’obiezione di coscienza era stata rinviata alle Camere (a Parlamento sciolto e da rinnovare con elezioni) dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che con un colpo di mano favorì l’apparato militare, respingendo la legge. Infatti solo due anni dopo, con la legge 331 del 14.11.2000, si sospende la leva obbligatoria e si avvia il percorso dell’esercito professionale.

Ma la legge di riforma del servizio civile nazionale nr. 64 del 2001 e il decreto legislativo 6 marzo 2017 nr. 40 (che attua la Legge Delega del 6 giugno 2016 nr. 106) che istituisce il servizio civile universale di fatto, fanno sparire due punti qualificanti dell’obiezione di coscienza al servizio militare:

  1. non è più necessario dichiararsi obiettori e rifiutare l’uso delle armi e della violenza per svolgere il servizio civile;
  2. viene eliminata la lettera e) del comma 2 dell’art.8 della legge 230/1998, che prevedeva la possibilità per l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile di predisporre, d’intesa con il Dipartimento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa
    civile non armata e nonviolenta.

Ricordiamoci che l’obiezione di coscienza al servizio militare diventa importante quando si affacciano all’orizzonte pericoli di conflitti armati: ne sanno qualcosa gli obiettori alla guerra in Ucraina o in Russia dove, con la cancellazione di questo diritto, rischiano di essere condannati a
pene detentive.

Oggi, quindi, per ritrovare la spinta antimilitarista e nonviolenta dell’obiezione di coscienza al servizio militare, dobbiamo spingere le forze politiche ad attuare la proposta di legge di iniziativa popolare nr. 3484 presentata in Parlamento il 10 dicembre 2015, che prevede l’Istituzione del Dipartimento per la Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta, dell‘Istituto di ricerca sulla pace e sul disarmo e i Corpi Civili di Pace per interventi in zone di conflitto o a rischio di conflitto.

 

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