«Rifugiato» di Emmanuel Mbolela

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Pubblicato inizialmente in Germania «Rifugiato» di Emmanuel Mbolela ha avuto successivamente una traduzione francese e ora meritoriamente è stato editato nel nostro Paese da Agenzia X (pagine 190, euro 15) dopo aver inanellato trecento presentazioni in tutta Europa. Il successo, rispetto alla ormai cospicua letteratura scritta da migranti, consiste nell’essere un unicum, in quanto è una narrazione che incrocia la biografia di un oppositore – perseguitato dal regime della Repubblica Democratica del Congo – con le molteplici storie e lotte intraprese con gli uomini e le donne incontrati in un viaggio massacrante, durato ben sei anni, all’interno del continente africano.

Una narrazione che demolisce i tanti luoghi comuni a proposito delle migrazioni, a partire dal ben noto “aiutiamoli a casa loro” o dal più ipocrita e ripugnante “a parole scappano dalla povertà, ma sono robusti e soprattutto hanno lo smartphone”. Quasi che i viaggi della speranza fossero crociere. C’è chi crede a queste sciocchezze perché quello che è avvenuto storicamente nell’Africa (a partire dal colonialismo e il sostegno ai regimi corrotti, dittatoriali e sanguinari) e quel che accade tutt’ora (saccheggio e appropriazione delle tante risorse e materie prime per opera delle multinazionali) è stato e viene completamente oscurato dal sistema dei media.

Non è un caso che la tragedia congolese – con oltre quattro milioni di vittime stimate per difetto – non abbia fatto notizia. L’importante è che prosegua l’estrazione di coltan per la fabbricazione dei componenti elettronici utilizzati per i cellulari, mentre da Mobutu a Kabila (padre e poi figlio) proseguono le sciagurate politiche degli “antivalori”, che acuendo la miseria delle classi popolari ha costretto chi si ribellava all’esilio.

Emmanuel Mbolela ha maturato il senso dell’ingiustizia come studente universitario nell’organizzazione giovanile del partito Udps a Mbuji Mayi: le mobilitazioni del 2002 nel campus universitario subirono la dura repressione del regime di Joseph Kabila, tanto che centocinquanta manifestanti furono imprigionati in carcere.

Con la fuga dal Congo ha inizio l’odissea di Emmanuel: mettendo a frutto le doti di leader politico, comprende che solo l’autorganizzazione dal basso può permettere di sopravvivere nei nuovi contesti in cui si troverà a operare, perché quando raggiunge il Marocco gli appare chiaro che «o reagiamo o finiremo consumati». Infatti se il colore della pelle già in Algeria aveva scatenato l’odio per i migranti e una caterva di discriminazioni, il Marocco per Emmanuel si delineerà come un territorio contraddistinto dall’assenza di qualsiasi diritto. Di fatto i migranti non potevano assolutamente lavorare, mentre le morti si cumulavano una dietro l’altra, perchè negli ospedali era loro negato accesso per qualsiasi cura. La polizia arrestava persino i richiedenti asilo, così per difendere i diritti fu creata l’Associazione dei rifugiati congolesi in Marocco. E contro la discriminazione scolastica fu istituito – in stretto rapporto con l’Unhcr e alcune ong – il centro scolastico Arcom, che generò un grande sollievo in particolare nella comunità femminile. La crescita impetuosa delle mobilitazioni ha però evidenziato le gravi responsabilità della Fortezza Europa rispetto all’esternalizzazione della gestione delle frontiere, con l’inevitabile carico di morti che ne è conseguito sia nel deserto che nel Mar Mediterraneo.

Comunque la lotta paga e il primo aprile 2008 Emmanuel verrà trasferito in Europa, con un Boeing 777, da dove proseguirà la battaglia collettiva per redigere il testo della Charte mondiale de migrantes. E dal 2013 il Marocco ha iniziato la regolarizzazione dei sans-papiers, mentre i bambini hanno ottenuto finalmente l’accesso alla scuola pubblica.

di Gian Marco Martignoni

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