di Raffaele Barbiero
Sono convinto che un popolo ha il diritto di difendersi da un’aggressione e se non può usare i mezzi della nonviolenza o della difesa non armata perché non li conosce o perché non è addestrato a farlo ha diritto di difendersi con le armi, che ancora oggi sono le uniche di cui c’è abbondanza e sulle quali si investono enormi risorse per inventarle e per produrle.
L’Ucraina ha un suo legittimo Presidente che ha chiesto di essere aiutato ricevendo armi per difendersi dall’aggressione dell’esercito russo comandato da Putin.
L’UE e i Paesi Nato hanno risposto positivamente a questa richiesta di aiuto e sembra che l’aiuto militare stia dando il risultato di fermare e respingere l’avanzata russa in territorio ucraino.
Vorrei porre all’attenzione alcune riflessioni a futura memoria.
I dittatori
Putin, che oggi tutti chiamiamo dittatore, fino a prima della guerra era chiamato Presidente (è stato votato in modo legittimo dal popolo) ed aveva molti sostenitori in partiti -di solito di destra vedi in Italia Lega e FdI-, in ambienti economici e fra la stampa.
Ricordo anche che lo stesso Hitler, preso spesso a paragone, era stato eletto dal popolo tedesco e godeva di una benevola attenzioni anche da parte di molti ambienti economici e politici liberali (visto come possibile baluardo dell’allora comunismo russo). Ricordo anche che Saddam Hussein dittatore in Iraq, finché combatteva negli anni ’80 contro l’Iran veniva chiamato Presidente e rifornito di armi.
Oggi noi abbiamo dittatori di fatto in Turchia con Erdogan che ha mosso una guerra in Siria dal 2019 (da lui ribattezzata “Sorgente di Pace”) con l’obiettivo di annientare i curdi e di costruirsi un cuscinetto “difensivo” sul territorio siriano, e in Europa con l’Ungheria di Orban, tra l’altro con “simpatie” putiniane e con una costante campagna di odio verso i migranti.
In Egitto con Al-Sisi abbiamo anche un dittatore di “diritto”, visto che ha conquistato il potere con un colpo di stato, o in Birmania (altro colpo di stato il 1.2.2021).
Cito questi casi perché di loro non si parla e con loro si continuano a fare affari (anche vendendo armi -almeno queste si potrebbero fermare-); li chiamiamo Presidenti, ad Al-Sisi sono state date anche onorificenze e Erdogan è addirittura nostro alleato nella Nato e pone anche condizioni.
Di Putin sapevamo tutto da almeno 15 anni, quando ha fatto la seconda guerra in Georgia, quando ha ucciso giornalisti e imprigionato o avvelenato dissidenti, ma abbiamo sempre taciuto.
Due domande
Faremo così anche con gli altri finché li considereremo nostri “amici”?
Possiamo pensare che con questi dittatori di fatto la politica e la diplomazia devono porre dei limiti sul rispetto dei diritti umani, non gli si devono vendere armi, si devono sostenere i movimenti democratici interni e aiutare i dissidenti o, appunto, aspettiamo che diventino nemici?
Oggi l’unica risposta che abbiamo nell’immediato per non subire un’aggressione sono le armi.
Le alternative e la disparità di mezzi e risorse
Si può però incominciare ad investire sul serio risorse economiche, materiali ed umane per sfuggire a questo odioso ricatto del “subire un’aggressione o reagire con le armi”? Già da anni ci sono proposte concrete per provare alternative: l’istituzione del dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta e l’Istituto per la ricerca e lo studio delle modalità nonviolenta di risoluzione dei conflitti (solo ai militari sono riservate scuole ed accademie di guerra?); istituire e finanziare i corpi civili di pace europei, da un’idea di Alexander Langer approvata dal Parlamento Europeo nel 1999 (perché le nostre Forze Armate hanno 90.000 soldati addestrati per la guerra e che ricevono adeguato stipendio e tutte le coperture necessarie e per la gestione nonviolenta dei conflitti poche decine di persone sostenute da ong o associazioni?); firmare e promuovere il Trattato di proibizione delle armi nucleari dell’ONU (già entrato in vigore il 22.1.2021e non firmato da Italia, dai Paesi Nato in cui ci sono alcuni dei 9 Paesi che ufficialmente al mondo detengono armi nucleari); riformare il diritto di veto all’ONU (promessa fatta da tutti i Paesi già dalla prima Guerra del Golfo del 1991 – questa promessa fu fatta anche per giustificare il massiccio intervento armato contro l’Iraq la prima volta, la seconda nel 2003 si usarono i falsi dossier inglesi sul possesso di armi di distruzioni di massa da parte dell’Iraq di Saddam Hussein); sostenere chi DISERTA la guerra dandogli asilo politico – in Russia le proteste dei giovani alla mobilitazione militare proclamata da Putin dovrebbero essere sostenute ed appoggiate tutti i giorni.
In Ucraina hanno abolito la legge sull’obiezione di coscienza e chi rifiuta di fare il militare è un traditore. Non può giustificarsi ciò per i tempi eccezionali anche perché allora nei tempi eccezionali tutti i diritti sono annullabili? E chi li annulla non deve essere guardato, almeno sotto questo aspetto con preoccupazione, anche quando mette per legge che lui non tratta con Putin (notizia del 4.10.2022). Da sempre chi vuole più potere o più a lungo utilizza le “eccezioni” per giustificare le sue mire.
Si potrebbe anche costituire un Esercito Europeo, collegato ad una politica estera europea, con funzioni di “polizia internazionale”(e quindi non servono armamenti atomici per fare le funzioni di poliziotto). Già ieri si spendevano 260 miliardi di dollari in Europa per le armi e gli eserciti e oggi a seguito della guerra si sono giustificati enormi aumenti di bilancio, ognuno fatto singolarmente e senza strategia comune, di molti Paesi europei (in Italia si passa da 25 miliardi di euro a 38 miliardi di euro dal 2024). Chi è soddisfatto di ciò? La nostra necessità di difenderci o il complesso militar-industriale che vive con il motto del film con Alberto Sordi: “finché c’è guerra, c’è speranza”?
Noi diamo armi all’Ucraina per difendersi e perché le ha chieste. Non ci sono altri popoli -i primi che mi vengono in mente sono i curdi- che le vorrebbero per difendersi da colpi di stato, aggressioni o occupazione illegale e permanente dei loro territori? Decidiamo noi (i nostri governi) chi le merita e chi no?
Non sono interessato a portare il discorso altrove, ho già detto che oggi e nelle condizioni dell’oggi, le armi all’Ucraina sono quello che loro ci chiedono e che a loro va dato per difendere la loro vita e la loro Comunità civile, ma essere miopi e vedere solo quello che ci serve per posizione politica o peggio interesse economico non aiuta nessuno.
Conclusioni
Tutto l’articolo è comunque per dire che pur essendo in questa situazione si può cercare di pensare altro e soprattutto di costruire altro per il futuro; se non lo si fa, se non si cerca di imparare dagli errori fatti in precedenza (lasciar correre con Putin o con Saddam o con Hitler), significa non cercare un futuro migliore, dove si provi almeno a ridurre il tasso di violenza nel mondo, ma condannarsi a ripetere gli stessi sbagli e a piangere altre morti e distruzioni.
Appendice per quelli che si considerano di “sinistra”
Mi dispiace infine che ci sia ancora qualcuno che si definisce di “sinistra” che non sa che le armi, solo perché costruite, sottraggono risorse alla vita; che non sa che ogni giorno di guerra comporta più MORTI e più distruzioni (senza contare anche gli aberranti atti che ogni guerra produce in termini di violenze generalizzate sui civili, torture e stupri); che, soprattutto in questo caso, c’è anche il rischio di una catastrofica evoluzione con l’utilizzo di armi nucleari.
A queste tre cose si rivolgeva anche la manifestazione del 5 novembre a Roma, chiedendo un immediato cessate il fuoco e una trattativa seria per la pace con la mediazione autorevole dell’ONU (che vuol dire riprendere in mano anche gli accordi di Minsk del 2014).
Purtroppo ci sono troppe persone, fra cui ancora molti che dicono di essere di “sinistra”, che traducono le parole pace e nonviolenza con resa e passività.