Negli ultimi due anni é stato sferrato un duro attacco nei confronti della multinazionale statunitense Monsanto, un mostro sacro dell’agrochimica. Questa é stata accusata dal Circ (centro internazionale per la ricerca sul cancro) di diffondere un prodotto (Roundup) contenente glifosato, un diserbante utilizzato in agricoltura che si é scoperto avere effetti geno tossici ( ossia danneggianti il dna). La valutazione di questo elemento é stata palesata in seguito ad una riunione tenutasi a Lione nel 2015, in cui un gruppo di tecnici ha reso pubblico gli esperimenti condotti durati un intero anno. L’azienda ha reagito violentemente, affermando di essere irragionevolmente calunniata e intimando al Circ di inviarle tutti i documenti relativi alla scoperta. É stata avviata un’azione legale, condotta dagli Stati Uniti, in cui il colosso dell’intossicazione é stato costretto a rivedere la sua posizione, anche in seguito alle denunce di alcuni cittadini che, colpiti da un raro tumore al sangue, hanno attribuito la malattia all’esposizione al glifosato.
Ora facciamo un passo indietro.
Precisamente intorno al 1960 quando, durante la guerra in Vietnam, il famigerato “agente arancione”, uno dei più temibili defolianti, veniva irrorato sulle foreste andando a privare i vietcong della protezione del manto vegetale. Guarda caso la produzione di questo agente chimico, colpevole di aver mietuto migliaia di vittime e di aver creato gravi disturbi e malformazioni non solo sulla popolazione vietnamita, ma anche sui soldati statunitensi, era stata partorito proprio dalla Monsanto. L’indignazione dell’opinione pubblica e le diserzioni dei giovani americani, fanno sospendere la produzione “dell’Orange agent” intorno agli anni 70. Ma dopo un decennio le cose non cambiano: sul mercato giunge il nostro “Roundup”, un pesticida, che dà alla Monsanto un profitto di oltre il 20% annui, ma con effetti degenerativi sull’organismo umano. Tuttavia le lobbies non fanno nulla per bloccare un processo che non solo mantiene alto il nome dell’impresa, ma produce anche benefici economici senza eguali, favorendo una dittatura monopolistica sulle sementi che nutrono il mondo. Si stima che intorno agli anni 90 la Monsanto abbia inquinato l’habitat naturale con la proliferazione di circa 1.800 tonnellate di agenti tossici.
La multinazionale ha sistematicamente ignorato gli effetti sull’ambiente e soprattutto sull’uomo, manipolando i mezzi di comunicazione e corrompendo le agenzie governative affinché molte notizie scomode non trapelassero. Secondo il tribunale dell’Aja, la Monsanto avrebbe violato il diritto alla salute delle comunità vicine ai campi e degli stessi agricoltori che lo utilizzavano, anche se oggi la comunità scientifica si è divisa sulla cancerogenicità del glifosato, per mancanza di prove scientifiche che lo dimostrino.
E’ chiaro il grave rischio in cui si incorre se vengono utilizzati i pesticidi, ma è imprescindibile il loro utilizzo in agricoltura, giacché essi vanno ad accrescere di molto la produzione. Ciò che possiamo fare sarebbe ridurne, in generale, le quantità di utilizzo, così da limitare l’uso di pesticidi e ritornare ad un’agricoltura più sostenibile e in equilibrio con il territorio. La Monsanto poi, sicuramente appoggiata dai collaboratori più prossimi al presidente degli Stati Uniti, dovrebbe sospendere la produzione di questo erbicida tossico, che continua a causare danni. Questo però sembra quasi un’utopia, in un’era in cui i grandi produttori tendono a vendere sempre di più, invece di occuparsi della qualità necessaria a mantenere in piedi una natura sempre più torturata.
Camilla Cazzato