Il movimento pacifista italiano e il pacifismo concreto in ex-Jugoslavia

Tratto dalle pubblicazioni contenute nel bimestrale intitolato “Nei Balcani trent’anni dopo” della rivista Azione nonviolenta n.646, fondata da Aldo Capitini. 

Il movimento pacifista e nonviolento italiano impegnato da anni contro il rischio delle guerre nucleari, la guerra in Iraq, la guerra in Afghanistan, impegnato da anni contro tutti quei molteplici conflitti presenti nel continente africano si trova, negli anni ’90, a dover affrontare un’ulteriore questione: le guerre jugoslave.

Queste guerre, o questa “guerra complessa, vicina e lunga”, come scrive Giulio Marcon, misero a dura prova il movimento pacifista italiano.

Nel 1991 fu organizzata una Carovana per la pace da parte di diverse organizzazioni italiane, tra le quali Arci, Acli, Associazione per la pace, Pax Christi, Beati i costruttori della pace e molte altre. I pullman partirono da Trieste e toccarono Fiume, Lubjana, Zagabria, Belgrado e Sarajevo. Qualcuno andò anche in Kosovo e Macedonia. 

Scrisse Langer a proposito: 

“Dal 25 al 29 settembre 1991 ho partecipato alla Carovana europea di pace, che – promossa dalla “Helsinki Citizens’ Assembly” (con segretariato a Praga) ed organizzata dall’ “Associazione per la pace” e dall’ARCI (associazione culturale) italiane – ha attraversato gran parte della Jugoslavia, partendo da Trieste e da Skopje e concludendosi con una manifestazione finale a Sarajevo, dove al termine di una grande assemblea in piazza, con discorsi e canti in molte lingue, una lunga catena umana (“mano nella mano”) ha collegato la cattedrale cattolica a quella ortodossa alla moschea ed alla sinagoga.  Circa 400 cittadine e cittadini di gran parte dei paesi CSCE, aderenti agli accordi di Helsinki ed alla Carta di Parigi, vi hanno preso parte dall’inizio alla fine, molti altri l’hanno accompagnata per un tratto o hanno partecipato ai singoli incontri o alle manifestazioni conclusive.  Tra i partecipanti anche una dozzina di parlamentari (italiani, olandesi, tedeschi, spagnoli), compresi – oltre a me – i parlamentari europei Castellina (GUE), Cramon Daiber (V), De Piccoli (GUE), il vice-presidente Formigoni (PPE), Melandri (V), Rossetti (GUE). La collega van den Brink (S) è stata impedita all’ultimo momento” (Rapporto al Parlamento Europeo)

La guerra scoppiò dapprima tra Federazione Jugoslava e Slovenia, poi in Bosnia tra bosniaci musulmani, croati e serbo-bosniaci, nel 1999 la guerra in Kosovo ed, infine, nel 2001 i conflitti interessarono la Macedonia e l’Albania.

Fu fondamentale il prezioso contributo di Alexander Langer, amico del movimento Nonviolento, che in quel momento, pur di diminuire il livello di violenza, si espresse anche a favore di un intervento militare. Sembrava l’unico modo per far arrivare effettivamente gli aiuti umanitari, scontrandosi anche, in un primo momento, con il movimento pacifista, che invece era ancora speranzoso di poter intervenire senza ricorrere alle operazioni di polizia internazionale (Mao Valpiana). 

Proprio questi particolari anni furono utili, ma davvero utili, a lasciare un po’ da parte la retorica, la propaganda, l’individuazione del nemico contro cui battersi, a favore di un approccio pragmatico, concreto e realistico del movimento pacifista. Proprio in Italia nacquero tanti gruppi per sostenere le attività umanitarie. 

Allora che cos’era il pacifismo concreto per Langer? 

“Era nello stesso tempo una lettura, un approccio della realtà e una pratica sul campo […]

L’approccio era quello dello sperimentatore, dell’induttivo che tiene conto di ciò che ha sotto gli occhi. Le pratiche erano magari piccole, limitate, ma efficaci: non le mega manifestazioni ma l’incontro tra gli oppositori ai nazionalismi delle varie componenti etniche, non i cortei roboanti, ma il sostegno ai centri-antiguerra, non i documenti chilometrici, ma la diplomazia dal basso. 

Langer aveva ben chiaro i limiti di queste iniziative, del loro valore, del loro possibile impatto. Non era animato dal delirio di onnipotenza, ma dalla realistica visione delle possibilità di un lavoro dal basso, portato avanti con attenzione e meticolosità, con la pignoleria dell’artigiano della politica […]”

(Giulio Marcon)[1].

Si stabilivano forme di collegamento, si offrivano supporti logistici, si dava aiuto organizzativo.  In particolare, ad Ancona e a Spalato, vennero realizzati due magazzini in cui depositare e distribuire gli aiuti: ogni giorno vi giungevano camion e furgoni da tutta Italia per poi arrivare in tutte le aree di conflitto. A Trieste l’ufficio rifugiati coordinava tutte le attività di assistenza e di accoglienza dei profughi in Italia. 

Nel 1998 nacque il Consorzio Italiano di Solidarietà – Ufficio Rifugiati Onlus, con sede a Trieste. Ma la storia di ICS inizia già nel 1993, con la promozione e il coordinamento, su tutto il territorio italiano, di una rete non governativa di accoglienza per i profughi provenienti dalla Bosnia Erzegovina e dalle altre aree coinvolte nel conflitto. 

Le guerre jugoslave permisero di dare concretezza e praticità alle tanto auspicate forme di solidarietà, e questo modello fu un esempio sul quale basarsi anche negli anni a venire. 

Tuttavia, ancora oggi, ci sarebbe molto su cui discutere poiché: 

  • “La Serbia è avvitata in una spirale nazionalista e negazionista che le impedisce di fare i conti con il passato recente riconoscendo gli errori commessi; 
  • la Bosnia Erzegovina è formalmente uno stato multietnico, multiculturale e multireligioso, ma di fatto resta prigioniera nelle gabbie etno-nazionaliste degli accordi di Dayton del 1995; 
  • il Montenegro è impelagato in corruzione e crimine organizzato nonostante gli sforzi per voltare pagina; 
  • il Kosovo, ancora nella ricerca della piena inclusione nella comunità internazionale, rimane confinato in un limbo diplomatico; 
  • la Macedonia del Nord, superata la guerra civile del 2001, ha risolto l’annoso contenzioso sul nome soltanto nel 2019” 

(Paolo Bergamaschi

 

“Il pacifismo e l’attivismo non furono sufficienti a fermare le guerre, non furono sufficienti a fermare gli etno-nazionalismi, ma furono sufficienti a salvare tante vite umane”

Un ringraziamento particolare va a tutte quelle persone che hanno detto no all’indifferenza.

Giada Alagic

 

Sitografia

Consorzio Italiano di Solidarietà. https://www.icsufficiorifugiati.org

Fondazione Alexander Langer Stitftung. https://www.alexanderlanger.org/it

Rivista Azione nonviolenta. https://www.azionenonviolenta.it

Movimento Nonviolento. Verona.

 

Letture suggerite

  • Alexander Langer. 2020. Quei ponti sulla Drina: idee per un’Europa di pace (curatore Sabina Langer). 

(Testi e testimonianze di un pensiero, di un agire politico e di una vita segnata e guidata profondamente dai valori della pace, della convivenza fra popoli, della cittadinanza attiva, della nonviolenza e della tolleranza)

  • Giulio Marcon. 2002. Le ambiguità degli aiuti umanitari: indagine critica sul terzo settore. 

(Dalle organizzazioni non governative all’intervento umanitario nei conflitti, dall’appoggio statale alle organizzazioni di volontariato alle grandi corporation del “mercato della bontà” sono molte le attività che si fregiano dell’etichetta “volontariato”. Giulio Marcon, presidente del Consorzio italiano di solidarietà, ne mostra limiti e grandezze)


[1] http://www.cencicasalab.it/node/50

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