di Raffaele Barbiero
Un sabato speciale quello che si è svolto l’11 febbraio scorso al Centro Pace “Annalena Tonelli” a Forlì. Infatti, nel pomeriggio, si è svolto un incontro aperto al pubblico promosso dal Gruppo 255 di Amnesty International e dal Centro Pace di Forlì, che insieme hanno aderito al “Carnival for Julian Assange et the freedom for the press” svoltosi in oltre quaranta piazze nel mondo. L’iniziativa è tesa a mobilitare le coscienze delle cittadine e dei cittadini contro il rischio di estradizione in uno dei carceri di massima sicurezza degli Usa dove il 51enne informatico, editore e giornalista di origine australiana, sarebbe condannato a 175 anni di pena con l’accusa di: “spionaggio e messa a rischio della Sicurezza dello Stato”. Relatore scelto dal Centro Pace è stato il giornalista Pietro Caruso, tra i fondatori del Corriere Romagna e attuale direttore della rivista di cultura politica “Il Pensiero Mazziniano”.
Caruso ha ricordato come nel 2022 l’Ordine nazionale dei giornalisti italiani abbia concesso la tessera d’onore a Julian Assange, tuttora detenuto a Londra nel carcere di sicurezza di Belmarsh. Il massimo organo di garanzia e riconoscimento professionale dei giornalisti lo ha fatto riconoscendo che le attività di WikiLeaks, anche in riferimento alla diffusione di informazioni sensibili durante la guerra in Iraq, in Afghanistan e in altre delicate situazioni e tensioni internazionali, sono servite a denunciare anche gravi omissioni, complici silenzi e violazioni dei diritti umani in materia di violazione dei principi fondamentali di uno Stato di diritto democratico.
Come dice Caruso, Assange ha messo a nudo le incoerenze del “nocciolo duro del potere” che esiste in tutte le democrazie. Mentre nelle autocrazie o nelle dittature si rischia la prigione e la vita a rivelare il lato oscuro del potere, nelle democrazie non dovrebbe essere così. Questo caso invece dimostra che anche nelle nostre democrazie se scavi troppo rischi molto; ecco perché non è in gioco solo la vita personale di Julian Assange, ma la posta in gioco è ben più alta ed ha a che fare con la libertà di opinione e pensiero, con la libertà di stampa e con la necessità di poter conoscere, su fatti molto gravi ed importanti, la verità o almeno avvicinarsi ad essa. Senza questa possibilità la democrazia è solo un’affermazione sulla carta.
Non è dunque un caso se alcuni mesi fa – ha continuato Caruso – 5 fra i principali quotidiani di Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna hanno solidarizzato con Assange e contro i gravi rischi di limitazioni della libertà di stampa in tutto il mondo, ma anche nei paesi dell’area cosiddetta occidentale che dichiara di avere a cuore libertà e democrazia.
Ne è seguito un vivace dibattito, al termine del quale quasi tutti hanno firmato l’appello internazionale di Amnesty International e seguito il docufilm Ithaca curato dai familiari di Assange, che continuano a battersi per ridare, al cofondatore di WikiLeaks, la libertà e la speranza di vita nel futuro.