“La Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari ha ottenuto dall’Onu l’approvazione del Trattato di proibizione. Ma dopo tre anni l’Italia – che custodisce decine di atomiche Usa – ancora non lo ha firmato. Sarebbe molto più che un gesto simbolico siglarlo in occasione del 75esimo anniversario delle due atomiche statunitensi che in Giappone uccisero 200mila persone” (Angelo Baracca)
Le armi nucleari minacciano l’esistenza stessa dell’umanità e l’intera vita sul nostro pianeta. I loro effetti travalicano i confini nazionali e si protraggono per generazioni. Sono immorali, illegittime e fino a poco tempo fa anche legali. Il 7 luglio 2017 non è una data qualsiasi, ma è una data che segnerà la storia: è stato votato a New York il testo del Trattato TPNW di proibizione delle armi nucleari; entrerà in vigore dopo che sarà stato ratificato da 50 Stati.
Le armi nucleari, infatti, erano le uniche di distruzione di massa che finora non avevano un apposito documento che le vietasse. Per la prima volta nella storia vengono, quindi, dichiarate fuori legge da parte delle Nazioni Unite.
Il trattato è stato approvato da 122 Paesi, ma le potenze nucleari come gli Stati Uniti hanno boicottato i negoziati, definendo gli obiettivi ingenui e irraggiungibili. Dopo le tensioni tra Usa e Corea del Nord, il Trattato di messa al bando delle armi nucleari, adottato a New York, arriva in un momento in cui il mondo è nuovamente sottoposto a minaccia concreta.
All’appello dei 122 voti a favore è mancata però l’Italia, oltre alle 9 potenze nucleari: Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord.
Ma perché l’Italia non ha firmato? Secondo Il Manifesto la subalternità di tutti i governi italiani alle imposizioni di Washington non incoraggia certo la prospettiva di firma e ratifica del Tpnw, ma questa è una ragione ancora più decisiva: solo l’adesione al trattato è in grado di mettere l’Italia definitivamente al riparo da soprusi nucleari che mettono gravemente a repentaglio la sicurezza degli italiani.
Secondo l’ultimo rapporto della Federation of American Scientists (Fas), il numero totale di testate in circolazione ammonta, all’inizio del 2019, a circa 13.890, e si tratta di armamenti di proprietà di Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Di queste, per la Fas, circa 3.600 sono schierate e a disposizione di forze operative, ossia, ad esempio, su sottomarini o pronte ad essere imbarcate sui bombardieri. Mentre circa 1.800, in dotazione alle forze armate statunitensi, russe, britanniche e francesi, sono testate poste in stato di “massima allerta operativa”, ovvero pronte all’uso con un breve preavviso.
Il trattato sul bando totale delle armi nucleari, approvato all’ONU nel 2017, ha un sempre più crescente sostegno mondiale. Per diventare effettivo c’è però bisogno di altre firme per superare la soglia necessaria di cinquanta stati.
La cosiddetta “sicurezza” offerta dalle armi nucleari si basa sulla nostra volontà di annientare i nostri nemici e la loro volontà di annientarci. A 75 anni dagli avvenimenti di Hiroshima e Nagasaki, è giunto il tempo per rifiutare questa logica di reciproca distruzione e costruire invece una vera sicurezza reciproca.