Accordi per una falsa speranza

Il 2017 non si chiude nel migliore dei modi per quanto riguarda i diritti umani e la questione migratoria. Sebbene gli sbarchi siano diminuiti del 33% nessuno se ne è domandato il motivo. Il governo Gentiloni ha più volte provato a darne il merito alle misure prese negli ultimi mesi dal Codice di comportamento delle ONG agli accordi Italo-Libici. Dai dati però si evince altro.

In primis c’è da dire che le persone che riescono a lasciare la costa Nordafricana sono molte di meno. Non a caso la guardia costiera ha aumentato la sua opera di controllo e persecuzione dei trafficanti, come ha detto il portavoce dell’OIM Flavio Di Giacomo, facendo sì che i funzionari libici costringessero diversi “barconi illegali” al ritorno in Libia. Di Giacomo però sostiene che non ci siano cause certe e ciò che è cambiato molte volte è legato anche al fatto che molti paesi abbiano reso più difficile il transito verso la Libia, come ad esempio nel caso di Niger e Sudan.

C’è anche da dire però che, sebbene l’Europa fatichi molto nel trovare una quadra per quanto riguarda il tema migranti, si trova d’accordo sul fatto che ciò che vuole per lo più è tenerli fuori dall’Europa. Questo è dimostrato dall’accordo EU-Turchia, che ha visto l’apertura di una nuova rotta verso la Romania e dagli accordi che l’Italia ha siglato con la Libia.

Ciò che di certo si può dire è che i tempi di permanenza in Libia diventano sempre più lunghi e i centri che vengono finanziati con i fondi degli accordi Europei non sono strutture adeguate a lunghe permanenze e, come dimostrano i racconti dei ragazzi, si stanno trasformando in vere e proprie prigioni e luoghi di torture. OIM è una delle poche organizzazioni ad avere accesso in circa una decina di campi in cui le condizioni sono disastrose. Quella che si trovano davanti è l’immagine di persone distrutte e senza più alcuna dignità, che non sono più in grado neanche di denunciare le angherie subite per paura dei loro carnefici. I sopravvissuti di questi centri sono sempre di meno, soprattutto dopo gli accordi tra Europa e Libia; i traumi, però, se li portano dietro anche quando arrivano in Italia. Entrare in un CAS o in uno SPRAR fa sì che queste storie, cui molto spesso non viene dato il giusto peso, vengano rese reali da testimonianze, foto e video. Le condizioni raccontate sono inumane: dall’essere legati a testa in giù per giorni, fino al dormire sul proprio vicino morto. Sulle navi minacciano di ributtarsi in mare quando vedono avvicinarsi la guardia costiera libica. Molte volte la fuga dai loro paesi per i più disparati motivi si trasforma in una fuga disperata dalla Libia.

Secondo l’inchiesta di Associated Press il governo di Tripoli utilizza i fondi Europei per pagare dei gruppi paramilitari per fermare i barconi di migranti. I due gruppi armati finanziati, conosciuti uno come al-Ammu e l’altro noto con il nome di “Brigata 48”, sono guidati da due fratelli appartenenti alla famiglia al-Dabashi. Insomma, il nemico pubblico di ieri è l’alleato di oggi. I due gruppi prendono ordini direttamente dal ministero degli Esteri e da quello degli Interni. Questo appoggio da parte del governo ad alcune milizie ha generato degli scontri con le altre milizie presenti nel paese, rendendo ancora più difficile il raggiungimento della spiaggia da parte dei migranti. L’Italia ha dichiarato di non saperne nulla, anche se da Tripoli arrivano notizie contrastanti.

I migranti rimangano bloccati nei centri in condizioni terribili e quelli che sopravvivono alle torture, non arriveranno oggi, ma arriveranno.

Inoltre, sebbene più volte denunciato, come ribadisce Riccardo Gatti della ONG spagnola Proactiva Open Arms, la stessa guardia costiera libica è diventata un organo di facciata. E’ impossibile parlare di secure rescue nel loro caso anzi, molte volte si pongono in opposizione alle ONG che operano nel Mediterraneo o sono loro a causare  il rovesciamento dei barconi o le sparatorie in acque internazionali che ne causano il naufragio. I trafficanti arrivano a suggerire di partire prima di giugno, ovvero prima che la guardia costiera torni ad essere operativa. A causa delle minacce armate di quest’ultima si è visto un drastico calo del numero di ONG nel Mediterraneo rispetto al 2016.

Un’ulteriore questione da discutere è il fatto che molte volte, nel momento in cui si supera il confine tra Libia e Niger, si cade direttamente nelle mani dei trafficanti. Si viene rapiti, rapinati, massacrati di botte. Nei casi più gravi venduti come schiavi per più o meno 200 dollari. La situazione è talmente disperata che alcuni preferiscono tornare nei centri in Niger o addirittura nei loro paesi d’origine. Tornano e sono sconvolti: hanno pagato, sono stati maltrattati e non hanno ottenuto quello che volevano.

Ciò che si può dire è quindi che la notizia tanto osannata dai tg al 31/12, non dev’essere vista né come una vittoria né come un trionfo, bensì come una sconfitta per tutta l’umanità. Ancora una volta, dietro una vittoria che potremmo definire politico-economica, hanno perso i diritti umani, ha perso la libertà e la dignità umana.

Isabella Lalli

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