Zack è stato ucciso perché difendeva i diritti LGBTQ

Zack è un ragazzo che vive ad Atene. Zack è gay. Zack è una drag queen. Zack è un attivista. Zack è stato brutalmente assassinato il 21 settembre 2018 da due uomini, uno appartenente a un gruppo di estrema destra, e da otto poliziotti armati, davanti a decine di telecamere.

“Un malato in meno per le strade di Atene”: queste sono state le prime dichiarazioni dei mezzi d’informazione di destra subito dopo l’accaduto.

Si, perché le dichiarazioni iniziali dei partecipanti al massacro riportavano una versione secondo la quale Zack sarebbe morto cercando di derubare una gioielleria; versione smentita del tutto, poco dopo, grazie alla presenza di decine di telecamere che hanno testimoniato il brutale omicidio.

Due video mostrano due uomini che impediscono a Zak di uscire dalla gioielleria, lo picchiano, lo prendono a calci in testa. Quando riesce a uscire dalla gioielleria, otto poliziotti lo aggrediscono, lo colpiscono con i manganelli e gli schiacciano il petto fino a soffocarlo. Pochi giorni dopo è stato pubblicato un terzo video girato da una delle telecamere di sorveglianza di una gioielleria vicina: si vedono due uomini che insultano e aggrediscono Zak prima che entri nella gioielleria.

Zack era un noto attivista, conosciuto nel mondo lgbtq, era presidente dell’Olke (un’associazione di omosessuali greci) e collaboratore volontario di Athens checkpoint, un centro per la prevenzione dell’aids e il sostegno alle persone sieropositive.

Zackie Oh era il suo alter ego drag queen che si esibiva al bar trans Koukles. Zackie, tuta leopardata, chioma corta e rossa e occhi truccati di blu, dichiarava: “Atene è difficile se siete come me”.

Aveva anche un canale su YouTube in cui raccontava di sé: nel video “Notti delle drag queen ad Atene”, Zak racconta che si è sempre sentito più al sicuro nei quartieri dove vivono i migranti e i rifugiati che in quelli frequentati da “famiglie”. “Sono stato attaccato più spesso da uomini greci. Mai dai migranti. Quando parli in pubblico dell’omosessualità o dell’aids, camminando per strada come una queen o truccata, la situazione diventa pericolosa. Ho subìto diversi attacchi omofobi, insulti e anche violenza fisica”.

Con addosso un mantello nero, da lutto, dichiarava davanti al mondo virtuale: “Zackie era una donna dell’alta società sposata con un uomo ricco. Ma un giorno ha perso tutto: il suo denaro, suo marito, si è rifugiata nell’alcol, ha toccato il fondo. Poi si è rialzata, come una puttana. Vorrei aprire un locale, un locale senza identità, non per un gruppo specifico. Ci sono bar gay, bar per lesbiche, bar per migranti. Vorrei che il mio fosse un locale dove chiunque può sentirsi bene. La mia società ideale in miniatura. Non posso cambiare la società, ma almeno così avrei un posto che somiglia al mio mondo ideale”.

Zack era uno di noi, un ragazzo come tanti altri, con le sue idee e i suoi sogni, è per questo che bisogna mobilitarsi adesso, fin quando è possibile, rialzarsi così come aveva fatto Zack.

Asia Benenati

 

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