Si chiamava Willy Monteiro Duarte, un giovane di ventuno anni, italiano di famiglia capoverdiana, pestato a morte da quattro ragazzi a Colleferro. Ma perché è stato così brutalmente ucciso Willy? Con il passare del tempo questa domanda trova sempre più risposte nella realtà dei fatti, ma non ci sarà mai una risposta che potrà colmare il dolore dei familiari. Willy si è semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, si sarebbe potuto trovare altrove e ora non staremmo qui a raccontare questa tragedia. Una tragedia che purtroppo, ai giorni d’oggi, sta diventando un cancro della società.
Le prime testimonianze dicono che Willy camminasse tranquillamente con degli amici, quando in lontananza vede un suo amico in mezzo ad una rissa, allora ha pensato bene di intervenire per riportare la pace, ignaro del destino che lo aspettava. Willy si è messo tra il suo amico e il gruppo che lo stava picchiando, ma da qui la tragedia: quattro ragazzi hanno iniziato a picchiarlo brutalmente, uno lo ha colpito con un calcio micidiale all’addome facendolo rimbalzare a terra; Willy ha provato a rialzarsi, ma un altro ragazzo gli ha subito sferrato un pugno sulla testa, atterrandolo. Quel pugno gli è stato fatale. Willy rimane a terra immobile davanti all’incredulità dei suoi amici. Willy è morto.
Nel nostro “bel Paese”, oggi, abbiamo sempre più gente che nega quello che sta succedendo, scende in piazza a manifestare non si sa per cosa, mentre molti connazionali piangono le vittime di questa pandemia. Mentre quattro ragazzi, i peggiori di questa società, forti del branco e annebbiati dalla loro stessa ignoranza e mentalità sbagliata, becera e dopata dallo stereotipo del gangster che la TV ci fornisce ogni giorno, pestano in un raid “punitivo” un povero ragazzo, ma già un piccolo grande uomo, che non si è girato dall’altra parte ed ha provato a difendere un amico, semplicemente cercando di sedare una delle tante risse che si vedono e si sentono ormai ogni sera. Questa è stata l’unica sua “colpa”, un gesto di empatia e altruismo che ha pagato con la sua brevissima vita, ricca di sogni e di sorrisi.
Le ferite mortali di Willy ci insegnano, ancora tristemente una volta, che la bieca furia di persone con il vuoto dentro, può uccidere un atto d’amore verso il prossimo. Quelle ferite sono anche nostre adesso e bruciano più che mai, perché soltanto avendole cucite addosso possono aprirci ad una coscienza civile e umana, proprio come quella che Willy ha incarnato in questo suo grande sacrificio.
La famiglia degli aggressori avrebbe inoltre giustificato quel gesto dichiarando “era solo un immigrato”, dichiarazione terribile se vera, che fa pensare all’aggravante razzista. Willy era un essere umano, un ragazzo, un figlio e un amico.
Io spero davvero che venga fatta giustizia, la stessa giustizia che pretenderei se fosse successo ad una persona cara, perché il prossimo Willy potrebbe essere un nostro fratello, un nostro figlio o un nostro amico. Una giustizia che, però, non darà mai pace ad una famiglia distrutta da un dolore immenso.
Viviamo ormai nell’epoca della comunicazione prepotente e arrogante e ci siamo dimenticati il passato, nemmeno tanto lontano, in cui erano grandi i piccoli gesti, quelli verso l’altro.
Chiara Cifani