Una panoramica dei conflitti armati nel mondo: un ponte tra il 2023 e il 2024

 di Miriam Bramucci

I bisogni fondamentali, i valori e gli interessi sono le tre motivazioni umane che John  Burton (Conflict: Human Needs Theory, Macmillan Press, Houndmills) identifica come ragioni che, se intrecciate, determinano esiti conflittuali. 

Entrando nel 2024 ci accorgiamo di numerosi elementi che, intersecandosi, hanno generato delle guerre sempre più complesse e multiformi. Le condizioni che rendono possibile lo sviluppo di una guerra sono poche, anche se le questioni che la alimentano sono molto più complicate. Come descritto nella pagina ‘A New Era of Conflict and Violence’ del sito delle Nazioni Unite, la tipologia di conflitti e la natura della violenza si sono trasformati nel tempo da quando è stata istituita l’ONU.  Steve Killelea, fondatore e presidente esecutivo di IEP, ha dichiarato: “Da un lato la maggior parte dei paesi diminuisce la dipendenza dall’esercito, dall’altro sempre più conflitti si internazionalizzano. Le morti nei conflitti sono le più alte dai tempi del genocidio ruandese, che fece oltre 800.000 morti e scatenò un’ondata di azione globale”. Le guerre si sviluppano sempre più frequentemente tra gruppi interni ad uno Stato piuttosto che tra Stati, e accade sempre più spesso che il coinvolgimento di attori internazionali renda fluida la composizione dei conflitti. Ciò è dovuto all’ascesa di attori non statali, come i gruppi terroristici, e alla crescente complessità delle relazioni internazionali.

Numero e durata dei conflitti combattuti all’interno di un paese. Ciò include conflitti civili, interstatali, unilaterali e non statali. Fonti: set di dati sulle morti correlate alla battaglia dell’UCDP (Uppsala Conflict Data Program), set di dati sui conflitti non statali, set di dati sulla violenza unilaterali 

Secondo il Global Peace Index (GPI) 2023, il livello medio di pace globale è peggiorato per il nono anno consecutivo, con 84 paesi che registrano un miglioramento e 79 un peggioramento. Le morti dovute ai conflitti globali sono aumentate del 96% arrivando a 238.000. L’impatto economico globale della violenza è aumentato del 17%, ovvero di 1 trilione di dollari, fino a raggiungere i 17,5 trilioni di dollari nel 2022, equivalenti al 13% del PIL globale. 79 paesi hanno assistito a un aumento dei livelli di conflitto, tra cui Etiopia, Myanmar, Ucraina, Israele e Sud Africa. 

Sicuramente, la guerra è possibile non appena sono disponibili le armi con cui combatterla e finché c’è una disputa tra due o più parti. 

Militarizzazione degli Stati 

Stando al report “Arming Europe. Military expenditures and their economic impact in Germany, Italy, and Spain” redatto da GreenPeace, nell’aggregato dei paesi NATO-UE, tra il 2013 e nel 2023, la spesa pubblica totale è aumentata in termini reali del 20% (circa il 2% annuo in media). Nello stesso periodo le spese militari sono aumentate del 46%: due volte e mezzo più velocemente del bilancio pubblico totale, quasi una volta e mezza più velocemente come spese sanitarie (+34%) e più di quattro volte l’aumento di spese ambientali (+10%, compresi i rifiuti) oltre a quelle spese per l’istruzione (+12%). Il grafico mostra un sorprendente contrasto tra i dati, tra l’aumento delle spese militari e dell’acquisto di armi e la stagnazione del PIL, degli investimenti e dell’occupazione.Gli armamenti stanno assorbendo una percentuale in rapida crescita delle risorse di Germania, Italia e Spagna dedicate alla costruzione del futuro, compresa la nuova produzione di capacità, nuove tecnologie, nuove infrastrutture, processi sostenibili dal punto di vista ambientale, ecc. 

I passi verso un’economia più militarizzata non sono stati associati ad elevate performance economiche, anche se è possibile ipotizzare che le spese militari siano un fattore determinante per un’accelerazione della crescita economica. L’Italia occupa la posizione peggiore in questi indicatori economici, con PIL e posti di lavoro stagnanti; presenta tuttavia una crescita degli investimenti superiore alla media (+40%, compresi quelli recenti). 

Le guerre da tenere in considerazione nel 2024

Dieci dei 23 indicatori GPI sono migliorati, 11 sono peggiorati e due non hanno registrato alcun cambiamento. I peggioramenti più gravi si sono verificati nei conflitti. Proveremo a delineare le guerre che rischiano di protrarsi nel 2024, oltre a quella Israelo-Palestinese che si sta verificando nel corso di questi giorni e per la quale lasciamo che la narrazione dei drammatici eventi sia maggiormente quotidiana e immediata, augurandoci che si possa concludere nella pace. Tra quelle più note alla comunicazione come quella in Ucraina o meno come quella nel Sud del Sudan e nel Mali:

La guerra nel Sud del Sudan

Il Sudan è in cima alla lista dei controlli di emergenza, dopo non essere stato tra i primi dieci l’anno scorso. Il Sud Sudan era amministrato separatamente dal Nord sotto l’egida egiziana e britannica fino al 1946, quando gli inglesi unificarono le regioni. Quando nacque un unico stato nel 1956 in seguito all’indipendenza, l’autonomia meridionale risultò compromessa ed emersero subito tensioni tra il nord arabo e prevalentemente musulmano e il sud cristiano e animista, tensioni che degenerarono presto in guerra civile. Nel contesto di numerosi conflitti, nel marzo 2013 è stata creata una zona cuscinetto demilitarizzata e nel 2018 si è raggiunto un accordo di pace per formare un governo di unità. Il Paese ha combattuto inondazioni, fame, violenza e scontri politici affinché l’accordo di pace fosse pienamente attuato. 

Nel 2023, il Consiglio norvegese per i rifugiati ha incluso il conflitto nel Sudan del Sud (come anche il Mali) tra le 10 crisi più trascurate al mondo nel 2022. Ad oggi sono ancora presenti sul territorio bombe, mine antiuomo e ordigni esplosivi improvvisati e altri materiali pericolosi; dopo che l’UNMAS nel giugno del 2022 ha eliminato con successo più di un milione di ordigni esplosivi, il Servizio delle Nazioni Unite per l’azione contro le mine (United Nations Mine Action Service, UNMAS) ad oggi ha il compito di coordinare la rimozione dei residuati bellici esplosivi nei Paesi per proteggere i civili e garantire il ritorno sicuro degli sfollati.

Nel report del 2023 Amnesty International denuncia che le forze di sicurezza governative e i gruppi armati hanno continuato a perpetrare gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni, atti di violenza sessuale, rapimenti, detenzioni, torture e altri maltrattamenti, reclutamento e utilizzo di bambini e distruzione di proprietà civili. Almeno 24 persone (tra cui un bambino) sono state giustiziate extragiudizialmente dalle forze governative; oltre all’uso sistematico della violenza sessuale sono stati sono stati violati i diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica.

– La guerra in Ucraina 

Fonte: War Mapper

Alla fine di settembre 2023, il controllo militare russo era pari al 17,48% dell’Ucraina, oltre 100.000 km². Dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022, il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato più volte di voler riprendere ogni chilometro quadrato di territorio ucraino occupato. I progressi verso questo obiettivo hanno conosciuto fasi diverse. Nei primi due mesi dell’invasione, l’esercito ucraino ha respinto le forze russe nel nord e nel nord–est del Paese. Nonostante le importanti vittorie ucraine, in particolare la liberazione di Kherson nel novembre 2022, il controllo russo è aumentato negli ultimi diciannove mesi.

Oltre ai conflitti sulla terraferma di cui si è ampiamente parlato, anche la guerra in mare si è evoluta in modo significativo dall’inizio dell’invasione russa. Infatti l’Ucraina ha limitato notevolmente l’azione della Russia nel Mar Nero, le navi da guerra russe sono state tenute fuori dalla fascia nord-occidentale per più di un anno a causa della minaccia rappresentata dai missili anti-nave ucraini. Questo ha causato un parziale ritorno attraverso una rotta alternativa che costeggia i Paesi NATO della zona, Romania e Bulgaria e non ha abbassato l’attenzione per un probabile pericolo futuro nella zona di Sebastopoli e in altre basi nel Mar Nero dove nelle ultime settimane Mosca sta trasferendo un certo numero di navi in altri porti, in seguito ad altri attacchi ucraini. 

Nello stesso tempo il 29 Dicembre 2023 in Italia con il voto favorevole della Camera si è concluso l’iter di approvazione della legge di bilancio 2024, che sarà in vigore dal prossimo 1° gennaio, la quale riguarda anche i rapporti con l’Ucraina e il supporto armato che il Paese sostiene. L’ articolo 1 commi 389 e seguenti prevede la proroga dello stato di emergenza in Italia fino al 31 dicembre 2024 e una connessa autorizzazione di spesa pari a 274 milioni di euro per l’anno 2024. Sono conseguentemente prorogate le misure di assistenza già disposte per gli anni precedenti: le misure di accoglienza diffusa nel limite di 7.000 unità; il sostentamento finanziario per chi ha trovato una sistemazione autonoma; il contributo alle regioni per l’assistenza sanitaria; le ulteriori forme di assistenza coordinate dai presidenti delle regioni e delle province autonome. Infine un’importante novità riguarda l’introduzione della possibilità di conversione  dei permessi di soggiorno per protezione temporanea in permessi di soggiorno per lavoro. La decisione di sostenere l’Ucraina è stata presa nonostante la base dei sondaggi dell’Eurobarometro condotti a fine agosto mostrino che il sostegno europeo all’Ucraina è rimasto forte dall’inizio del conflitto, con alcune differenze regionali. Per Francia, Germania e Italia, dal primo trimestre 2022, la cifra è scesa di circa 10 punti, mentre i cittadini di Spagna e Portogallo insieme ai paesi dell’est e del nord Europa si dichiarano principalmente favorevoli al supporto militare che l’Unione fornisce a Kiev, insieme agli Stati Uniti, che hanno annunciato un pacchetto di 250 milioni di dollari per aiuti militari all’Ucraina.

– La guerra nel Mali

Il Mali è un Paese senza sbocco sul mare che confina a ovest con il Senegal, a nord-ovest con la Mauritania, a nord-est con l’Algeria, a est con il Niger e a sud con il Burkina Faso, la Costa d’Avorio e la Guinea. Sta affrontando un periodo di instabilità dal colpo di stato nel maggio del 2021, inserendosi nella grave e più ampia condizione della regione occidentale del Sahel che ha riscontrato la medesima situazione per sei volte (di cui cinque colpi di stato hanno avuto successo). 

Questo territorio ad oggi è diventato l’epicentro del terrorismo: nel 2022 ha causato più morti nella regione rispetto all’Asia meridionale e al Medio Oriente e al Nord Africa messi insieme. In base ai dati presenti nel report Global Terrorism Index 2023 dell’Institute for Economics and Peace i decessi nel Sahel sono stati pari al 43 per cento del totale mondiale nel 2022, rispetto a solo l’uno per cento nel 2007.La maggior parte degli attacchi terroristici è attribuita a gruppi jihadisti sconosciuti, sebbene operino nel Paese anche lo Stato Islamico nel Sahel (ISWAP un movimento jihadista affiliato allo Stato Islamico), responsabile dell’uccisione di centinaia di civili nel 2023 e il Jamaat Nusrat Al-Islam wal Muslimeen (JNIM), noto anche come Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani, un’organizzazione salafita-jihadista che si è formata il 2 marzo 2017. Tra le ultime azioni terroristiche il 3 Dicembre 2023 il JNIM ha attaccato altre postazioni militari tra cui Tessalit (regione di Kidal) e nella giornata dell’11 ha ripristinato il blocco sulla città di Timbuktu dopo averlo allentato a novembre a seguito dei negoziati con le élite locali. 

L’indicatore del conflitto interno, su una scala da uno a cinque, nell’ultimo anno ha raggiunto il punteggio massimo con il perpetrarsi delle attività dei gruppi jihadisti: gli osservatori internazionali stimano che il governo mantenga il controllo solo sul 20 per cento del Paese. Oltre alla complessa condizione politica in cui verte il paese sono numerose e sistemiche le difficoltà affrontate, come la scarsità dell’acqua, la mancanza di cibo, la polarizzazione etnica, una forte crescita demografica, la presenza di interessi ed interventi esterni, conflitti sulle risorse naturali tra pastori e agricoltori, la crescita dell’ideologia salafita-islamica radicalizzata e governi corrotti e deboli. La Missione integrata e di stabilizzazione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA), i media e le ONG hanno documentato centinaia di esecuzioni extragiudiziarie da parte dell’esercito e dei suoi alleati nel 2022, oltre che minacce, intimidazioni, arresti e detenzioni arbitrarie e procedimenti giudiziari.

“Intelligenza artificiale e pace” messaggio di Papa Francesco

In una visione come quella descritta composta da numerose guerre, più o meno conosciute, il 1° gennaio 2024, celebrando la 57°edizione della Giornata Mondiale della Pace, Papa Francesco, riflettendo sul futuro dell’AI, ha diffuso un messaggio indicando il progresso della scienza e della tecnologia come via per la pace. 

“Giustamente ci rallegriamo e siamo riconoscenti per le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia, grazie alle quali si è posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano la vita umana e causavano grandi sofferenze. Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune” scrive il Santo Padre nel comunicato ufficiale, mettendo in evidenza l’importanza di una regolamentazione e di un controllo che vigilino sullo sviluppo delle tecnologie dell’AI, con l’obiettivo di essere a pieno un servizio per la famiglia umana e per l’intera comunità. La spesa militare totale è aumentata del 17% dal 2008, con i maggiori aumenti registrati in Cina (180 miliardi di dollari), negli Stati Uniti (70 miliardi di dollari) e in India (40 miliardi di dollari). In particolare, i droni vengono sempre più utilizzati nei conflitti, anche in Ucraina, Etiopia e Myanmar: il numero totale di attacchi con droni è aumentato del 41% nel 2022, con un aumento del 24% del numero di diversi gruppi che utilizzano droni.

“Dobbiamo impegnarci affinché l’Intelligenza Artificiale sia al servizio della pace nel mondo, non una minaccia” e soprattutto “non si può sfuggire nemmeno alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti”, in un mondo annichilito dalle guerre, scosso da molteplici paure e devastato da una violenza pericolosamente in aumento. 

Fonti:

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