Il 25 ottobre si è svolta a Roma la “Marcia per la libertà”, dedicata ai 18 pescatori di Mazara del Vallo che lo scorso 1 settembre sono stati sequestrati al largo delle coste della Libia da alcune motovedette libiche dell’LNA, comandato dal generale Haftar. Cosa è successo?
Tra l’1 e il 2 settembre quattro pescherecci siciliani stavano pescando al largo delle coste libiche, a circa 43 miglia a nord da Bengasi, sul pescoso Golfo della Sirte, quando sono stati fermati da alcune navi militari libiche. Mentre due dei pescherecci sono riusciti ad allontanarsi e a tornare sulle coste italiane, i rimanenti, Medinea e Antartide, con i loro equipaggi (8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi) sono stati sequestrati. Tra i 18 pescatori gli uomini di Haftar hanno prelevato anche il comandante del peschereccio Anna Madre di Mazara del Vallo e il primo ufficiale del Natalinò di Pozzallo.
Questi i fatti, ma al fine di comprenderne le dinamiche vorrei analizzare alcuni elementi.
Le acque territoriali di un paese si estendono fino a 12 miglia dalla costa. Perché i 18 pescatori sono dunque stati sequestrati se si trovavano a 43 miglia a nord di Bengasi? La Libia dal 2005 adotta la convenzione Montego Bay del 1982, che stabilisce la possibilità di espandere fino a 200 miglia la propria autonomia nella Zee (zona economica esclusiva) e i pescherecci si trovavano proprio all’interno di una porzione di mare che la Libia ha rivendicato unilateralmente come propria zona economica esclusiva. Questa decisione della Libia non è tuttavia stata riconosciuta dal panorama internazionale, né tantomeno dal governo italiano. La proclamata esclusività libica di quelle acque le rende tuttavia particolarmente pericolose, soprattutto dopo l’incremento della presenza della guardia costiera libica sulla sponda meridionale del Mediterraneo, a seguito della revisione del trattato di Dublino.
Il Vipe. Esiste un corpo della marina militare italiana chiamato ViPe1 ovvero vigilanza pesca, che è tenuto a mantenere la sicurezza sulle acque internazionali dello Stretto di Sicilia, dove i nostri pescatori si trovavano al momento del loro sequestro. Perché non è intervenuto nessuno? La carenza di questo servizio di sorveglianza e sicurezza da parte del ViPe è stata spesso riscontrata dai pescatori stessi, che si sono visti negare l’aiuto a cui avevano diritto, anche quando, durante l’attività di pesca in queste acque, gli è stato intimato l’allontanamento dalle stesse perché controllate dalle milizie libiche.
Il ministro Di Maio. Il Ministro degli Esteri si è recato in Libia il giorno prima che il sequestro dei pescatori avvenisse, ma nega che vi sia un qualsiasi nesso tra i due eventi, benché in molti stiano già speculando. Il sequestro infatti è avvenuto dopo un viaggio istituzionale del Ministro degli Esteri, atterrato in Libia per suggellare l’accordo tra il premier libico Fayez al Serraj, riconosciuto dall’Onu, e il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aguila Saleh.
Inoltre, quando gli è stata rivolta la domanda sul perché la Marina Militare italiana non fosse presente sul canale di Sicilia in diverse occasioni di necessità, ha risposto che il governo non fornisce un servizio di scorta per i pescatori.
La Libia. In un articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano e risalente al 7 ottobre si legge di una nota del Ministero degli Interni libico del 1980, che parla delle unità della Marina Militare libica stazionate nelle prossimità dell’isola di Malta: sembra che si trovassero lì per catturare pescherecci italiani, al fine di utilizzare i loro equipaggi come ostaggi da scambiare con eventuali libici arrestati. Questo documento, risalente a quarant’anni fa, sembra tuttavia richiamare la situazione attuale: secondo un tweet del Libyan Address Journal, ritenuto vicino ad Haftar, il generale avrebbe proposto uno scambio: i 18 pescatori siciliani in cambio di quattro libici condannati a 30 anni in Appello per omicidio nel 2016 dal Tribunale di Catania. Il giornale Globalist racconta come i quattro libici in questione siano invero dei giovani calciatori professionisti, accusati di essere tra gli scafisti responsabili della strage di Ferragosto, quando 49 migranti sono morti asfissiati nella stiva di un peschereccio durante la traversata. L’opinione pubblica libica li considera vittime innocenti del risentimento dei migranti. Attualmente però, come ha affermato il ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D’Incà, nessuna richiesta di scambio prigionieri è stata confermata nè formalizzata. Un’altra ipotesi dietro le misteriose azioni del governo di Haftar è che il sequestro dei pescatori sia dovuto ad un accordo commerciale, poi sfumato, con Federpesca.
Di certo il sequestro ha attirato su Haftar e il suo governo non riconosciuto l’attenzione internazionale, di cui il generale probabilmente era alla ricerca, ma riuscirà a portare a termine i suoi obiettivi? E quali le strategie diplomatiche intraprese per la risoluzione?
L’Italia che si trova a relazionarsi con Haftar al fine della restituzione degli ostaggi, non ne riconosce il governo, che manca di legittimità. L’Italia infatti riconosce solo il governo del primo ministro Fayez al Sarraj. E’ possibile che Haftar con questo gesto voglia giungere a nuove trattative, cambiare la propria posizione sul panorama internazionale, oppure ottenere qualcosa di concreto come il rimpatrio dei quattro libici arrestati.
Al di là degli obiettivi politici e degli equilibri/squilibri diplomatici si trovano però i 18 pescatori e le loro famiglie; queste ultime da settimane ormai presidiano la piazza davanti a Palazzo Montecitorio, protestando in modo pacifico contro il nostro governo per la mancanza di informazioni e rassicurazioni, dopo un sequestro che va ormai avanti da più di 60 giorni. Un sequestro di persona non è mai uno strumento giustificato per nessun fine politico. Trovare un colpevole univoco non è tuttavia scontato.
Diciotto persone sono state rapite mentre svolgevano il loro mestiere all’interno della legalità. Di chi è la colpa? Istintivamente e a ragione diremmo di Haftar, poiché è il responsabile della cattura e per i motivi sopra elencati.
Ma c’è una zona grigia all’interno delle vicende che porta ad altre riflessioni. Perché il governo italiano non è ancora giunto alla risoluzione di un problema di sicurezza delle acque sullo Stretto di Sicilia che va avanti da anni? Perché la ViPe non ha svolto adeguatamente il compito a cui la sua stessa esistenza è finalizzata? Perché il pericolo sulle acque libiche non è mai stato dichiarato pubblicamente? Infine, cosa è stato fatto per arginare l’illegittima presa di possesso da parte della Libia di acque internazionali?
- La Vigilanza Pesca (Vi.Pe.) ha il compito di assicurare il libero esercizio dell’attività di pesca dai pescherecci nazionali, in acque internazionali, nel pieno rispetto delle leggi nazionali vigenti. (https://www.marina.difesa.it/cosafacciamo/per-la-difesa-sicurezza/operazioni-in-corso/Pagine/vigilan za-pesca.aspx)
Marta Nicastro