Di Miria Bovino –
Leggo l’articolo di Gianluca Nicoletti su ‘La Stampa’ di oggi, Lunedì 4 Novembre, “All’armi siam bambini” e penso a mio padre.
E’ stato un poliziotto per tutta la vita, fedele al corpo a cui apparteneva, fervido sostenitore di un’idea che non condividevo, ma mai e poi mai avrebbe permesso a me o ad alcun membro della nostra famiglia di avvicinarsi alla sua pistola e alle cartucce che erano parte integrante della sua divisa di ordinanza.
Quando eravamo piccole, al suo rientro a casa riponeva tutto in cima all’armadio. Non ci saremmo potute arrivare nemmeno salendo su una sedia e, da grandi, beh, da grandi non ha mai avuto bisogno di dirci nulla: semplicemente sapevamo che dovevamo stare lontane dalla pistola.
Torno col pensiero all’articolo che ho appena terminato di leggere e mi chiedo cosa spinga questi giovani genitori a ‘fare giocare’ i loro bambini con una mina da disinnescare, a far loro provare armi e puntatori laser ad esse associati. Soprattutto, mi domando cosa spinga le nostre Forze Armate a farsi promozione in questo modo, trattando la guerra, la violenza e le sue armi come parti di una asettica realtà che non coinvolge menti e corpi e fa diventare ‘normale’ ciò che normale non è.
Non ci sono bastate le immagini di bambini morti o gravemente feriti nei tanti conflitti che sono scoppiati vicino e lontano da noi in tutti questi anni? Siamo davvero diventati ciechi e sordi davanti alla sofferenza che la televisione, i giornali e i vari social ci mostrano nei servizi che riportano vicende di conflitti spesso interminabili?
Rileggo un’ultima volta la promo ministeriale che ha pubblicizzato l’evento tenutosi a Roma, nel “Villaggio Difesa” al Circo Massimo: “ Per potere essere ancora italiani” e penso che per la verità siamo italiani quando accogliamo ( lo abbiamo fatto in così tante occasioni che ci hanno reso orgogliosi: i bimbi di Chernobyl dopo il disastro, donne e bimbi ucraini recentemente); siamo italiani quando aiutiamo (abbiamo spalato il fango nelle recenti alluvioni, salvato persone e libri); siamo italiani tutte le volte in cui curiamo e proteggiamo il nostro ambiente e, infine, siamo italiani ogni volta in cui promuoviamo la pace in tutti i modi che la nostra creatività ci rende possibili.
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