Non hai (o non puoi avere) figli? Allora sei meno donna

È da un po’ di tempo che seguo su Facebook pagine femministe, o che comunque si occupano della questione femminile, di sessismo, di uguaglianza tra i sessi e argomenti simili (qui ad esempio una pagina famosa che denuncia il sessismo usato nelle pubblicità oppure questo blog)

Una cosa che è subito emersa è una dicotomia con la quale è vista la donna;

Donna= piacere sessuale per l’uomo, quindi oggetto sessualizzato

Donna= madre, procreatrice, essere fecondo, dedito alla cura di casa e famiglia

Siamo nel 2018 (quasi 2019) e molte donne ad oggi non rientrano in queste due categorie.

Pensiamo alle lesbiche, alle donne che si dedicano alla carriera, a quelle che non si sposano. A quelle che non vogliono o non possono avere figli. Sono milioni, sono attorno a noi, sono le nostre figlie, le nostre sorelle, le nostre amiche, colleghe, compagne di scuola. Per la società patriarcale in cui viviamo sono considerate “non donne”, perché non sono oggetti utilizzati ai fini del piacere dell’uomo e non procreano. Perché? Perché una donna lesbica, che ha studiato, si è fatta da sé, si è creata una famiglia, ha un buon lavoro (e forse è anche felice della sua vita), è considerata una sorta di fallimento della società? Qualcosa di inaccettabile? Qualcosa che non potrà mai essere ammirato ed apprezzato?

Tempo fa ho assistito ad una conferenza sull’endometriosi (organizzata dall’Ordine degli Infermieri e dall’Associazione A.P.E. Onlus, qui la loro pagina facebook), dove, oltre il lato prettamente medico, sono state proiettate testimonianze di donne affette da endometriosi; oltre a testimoniare il loro calvario medico, la loro voglia di rivalsa, emergeva in tutte un aspetto: molte di loro non venivano credute nel loro dolore, e molte si sono sentite dire (anche da personale sanitario) frasi urtanti come: “fai figli così ti passa”, e “tutto questo casino per un po’ di dolore, cosa farai quando partorirai?”; oppure “sbrigatevi a fare un figlio altrimenti non ne potrete avere più” o ancora” vuoi solo attenzione”.

In tutte queste frasi, oltre che ignoranza, emerge molta superficialità ed una tendenza a sminuire sempre la donna, che non deve lamentarsi, non deve pretendere attenzione, deve sopportare il dolore ( è nata per questo) e preoccuparsi di fare figli. Punto. Ma è davvero un figlio che rende una donna “più donna”?  O è la sua capacità di crearsi una carriera, di essere integra e indipendente, di poter dire dei no, di crearsi una vita che le piace, di vivere come le pare e di esserne fiera e felice ogni giorno, fregandosene delle imposizioni e dei dogmi di una società retrograda?

È una questione sulla quale mi trovo a riflettere spesso, ovviamente ben venga chi desidera crearsi una famiglia e avere figli, ma solo se questo è un desiderio intrinseco della donna, senza che questa sia stata influenzata o indotta a farlo solo per sentirsi realizzata. Anche il “tu non puoi capire perché non hai figli” è una frase molto superficiale e denigrante, perché il non avere figli non rende meno sensibile una donna, non la rende meno empatica e capace  di capire gli altri, bambini inclusi.

Non dimentichiamoci che esistono molte donne, madri, che non sono per nulla empatiche, che trascurano i figli e che fanno trasparire a volte con i loro comportamenti che quella non è la vita che volevano.

Quindi il mio consiglio è: non vivere da madre, non vivere da oggetto sessualizzato a disposizione dell’uomo, vivi da Donna. Punto.

Sara C. Coppola

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