Negli ultimi giorni un cocktail tossico di fumo – prodotta dalla combustione delle stoppie operata dai contadini del Punjab e dell’Haryan- e di umidità ha, letteralmente, intrappolato la capitale indiana in una morsa infernale.
L’indice che misura la qualità dell’aria (IQA) ha mostrato come la densa coltre posatasi sulla grande area metropolitana, abbia superato di settanta volte la soglia stabilita dall’Organizzazione mondiale della sanità, andando a condizionare non solo la visibilità stradale ma anche le attività aeroportuali e ferroviarie. L’alta concentrazione di polveri sottili (PM2.5 e PM10), se inalata, potrebbe causare malattie cardiovascolari e gravi danni al sistema respiratorio. Secondo alcuni funzionari indiani il repentino aumento delle polveri sottili é stato causato dai fuochi d’artificio scoppiati nel corso del Diwali, la grande festa delle luci, che si celebra annualmente durante la stagione autunnale.
L’enorme cappa di smog, che costringe i cittadini a proteggersi con foulard e maschere davanti alla bocca, ha indotto il vicegovernatore Manish Sisodia a dichiarare timide iniziative come la sospensione immediata delle lezioni scolastiche, la cancellazione di alcune manifestazioni sportive e la reintroduzione della circolazione automobilistica a targhe alterne.
Ogni anno nella megalopoli ritorna il problema dell’inquinamento ma, nonostante ciò, anche a causa della complessa struttura burocratica dell’amministrazione cittadina ogni singolo dirigente dimentica d’incarnare il benessere collettivo, attualmente soppresso dalla mancanza di prevenzione e soprattutto dal dispiegamento di un individualismo esasperato.
Camilla Cazzato