Esiste una discriminazione di cui nessuno parla, silenziosa e per questo più difficile da combattere, una discriminazione che ha qualcosa di fortemente “innaturale” perché si genera tra simili, che agisce su chi ancora non ha acquisito la capacità di distinguere tra bene e male e si fida di chi dopo essere stata vittima diventa a sua volta carnefice.
In questo tipo di mutilazioni, che riguardano solitamente l’universo femminile, rientra una mutilazione di cui non si parla mai, si tratta del “breast ironing”, un’orribile pratica di mutilazione del seno originaria del Camerun. La pratica consiste nello “stiramento” dei seni, ovvero dei ferri da stiro caldi vengono premuti sul seno di bambine tra gli 8 e gli 11 anni di età, per evitare che crescano trasformandole in giovani adolescenti che potrebbero attirare l’attenzione degli uomini, andando così incontro a conseguenze tanto gravi quanto indesiderate, come le violenze e le gravidanze precoci. Di nessuna rilevanza sembra essere il dolore delle bambine, la loro impossibilità di scegliere; la gravità immensa del gesto è aggravata dalla totale inconsapevolezza delle bimbe, che accettano passivamente la deturpazione che viene praticata ai loro danni, proprio da quelle stesse madri, nonne e zie che le nutrono, coccolano e proteggono. Spesso i padri non sono a conoscenza dell’accaduto, gli uomini sono tirati fuori da questa pratica tutta al femminile che deturpa, mutila e violenta per prevenire altre deturpazioni e violenze, per rendere invisibili agli occhi degli uomini quelle bambine, rassicurate dal fatto che nonostante il dolore atroce il seno ricrescerà, così dicono le donne di famiglia che lo praticano, per calmare le bambine, tacendo, ovviamente, sulle deformazioni che seguiranno.
Come è possibile che una donna faccia questo ad un’altra? Che una madre faccia questo ad una figlia? Come è possibile che non si riesca a vedere un’altra forma possibile di tutela dalle violenze, dalle attenzioni indesiderate degli uomini, dalle gravidanze che in così tenera età potrebbero portare anche ad una morte per parto. Perché queste donne non vedono una via d’uscita?
Credo che ci sia una risposta unica per tutto questo e si connette alla mancanza di informazione e cultura, intese nel senso più alto a cui i due termini possono aspirare. Dove non c’è consapevolezza non c’è libertà, dove non c’è libertà non c’è scelta né coraggio, ma solo sottomissione, repressione e grettezza.
La sofferenza sembra diventare una difesa contro un’altra sofferenza. Il rito ha qualcosa che ricorda il rito di mutilazione delle amazzoni, le vergini guerriere che si privavano di un seno per poter imbracciare meglio l’arco, per non aver niente che le potesse rallentare nella battaglia, per negare tutto ciò che le avvicinava a quella femminilità che fa della donna una madre e una moglie. Il rifiuto della femminilità e la mutilazione che lo accompagna, nasconde il disagio per la mancata accettazione della figura femminile, che niente ha del coraggio epico e mitizzato delle amazzoni. Le Nazioni Unite hanno inserito la stiratura del seno tra i crimini più diffusi contro le donne ed iniziato una campagna informativa per fermare questa orribile pratica.
tratto da https://www.eticamente.net/
Linda Prati