“Mai crisi per l’industria della guerra” sbotta così il giornalista Daniele Barbieri nel nuovo articolo, pubblicato sul suo blog “La bottega del Barbieri”. Come dargli torto, come poter controbattere di fronte a un’affermazione del genere; i fatti parlano in maniera molto chiara, c’è ben poco da commentare. Anche Francesco Lenci lo conferma “il mondo aumenta la spesa per gli armamenti”, pure nel bel mezzo di una pandemia mondiale.
Scelta fortemente opinabile e discutibile, ma i dati analizzati vengono riportati dal SIPRI (International Peace Research Institute), con sede a Stoccolma, fonte estremamente attendibile. Più precisamente, l’istituto internazionale in questione fornisce informazioni e studi di analisi in materia di sicurezza, conflitti e pace.
Il SIPRI Yearbook, il dettagliato annuario, da oltre cinquant’anni pubblica dati concernenti la gestione dei conflitti armati, delle spese militari, del controllo degli armamenti e del disarmo, con frequenti e significativi aggiornamenti in merito allo scenario della politica internazionale. Non è affatto una novità la profonda crisi del regime di controllo degli armamenti, ma quello che più spaventa è l’alto tasso di rischio in vista di un’eventuale guerra nucleare; parrebbe che il pericolo sia dietro l’angolo. A dimostrare tutto ciò, arrivano, con tempestività, le parole di Izumi Nakamitsu, una delle figure di più alto livello dell’ONU in tale settore. È evidente che la tecnologia stia avanzando e, con essa, si stia assistendo ad un concreto sviluppo delle armi, delle tecniche nucleari, sempre più veloci, sempre più potenti, ancora di più messe a punto; i paesi stanno “riversando più risorse nelle spese militari rispetto a qualsiasi momento dei passati decenni”.
Non c’è da stupirsi neanche questa volta, le spese militari globali aumentano, incredibilmente, di anno in anno: basti pensare che il 2019 si è concluso con un totale di 1.917 miliardi di dollari statunitensi spesi, il 3.6% in più rispetto all’anno precedente. Millenovecentodiciassette miliardi di dollari, cifra difficile da quantificare. Solo il 62% dell’intera somma è rappresentato dai cinque principali investitori, quali Usa, Russia, Arabia Saudita, Cina e India.
Tuttavia, durante un periodo storico come questo, come ben sottolinea l’autore dell’articolo, non c’è il minimo accenno ad una minima possibilità di abbassare i costi e gli investimenti in armi e magari, perché no, fare in modo che quei soldi, quelle ingenti somme di denaro, possano essere spesi in ambito medico, settore ampiamente sotto sforzo negli ultimi mesi, con in mano, spesso, pochi strumenti e mezzi.
È abbastanza triste e allarmante sapere che, sempre nel 2019, per la sanità sono stati destinati solo poco più di due miliardi di dollari, in confronto ai quasi duemila sopracitati.
Barbieri scrive: “si è paragonata – sbagliando – la pandemia del coronavirus a una guerra. Sta di fatto che per le guerre vere o inesistenti si spendono migliaia di miliardi di dollari e per difenderci a livello globale da una pandemia che sta causando centinaia di migliaia di morti si danno all’organismo globale che dovrebbe coordinarci e intervenire solo le briciole. Il bilancio dell’Oms è basato su contributi volontari e in parte sono privati: il secondo finanziatore dell’Organizzazione è la Fondazione Bill e Melinda Gates.”
Sono affermazioni raccapriccianti, a tratti ingiustificabili e ingiustificate. Anche in Italia la situazione non è delle migliori: sono emersi infatti “strani” risultati, grazie ad un confronto dei dati tra la produzione militare e quella medico-sanitaria. La nostra nazione può essere considerata autosufficiente per quanto concerne i sistemi militari, mentre fortemente dipendente dall’estero per la gran parte delle apparecchiature ospedaliere. Si registra un’evidente preponderanza nel versante dell’esportazione.
A fronte di tutto quello che è stato scritto, forse è il caso di fermarsi a riflettere per capire quali siano le reali priorità per uno Stato, dare un nuovo valore a tutto, tenendo sempre a mente che per combattere una pandemia globale, con pistole e fucili si può fare ben poco.
Claudia Filippi