Russia 2017, Margarita Graceva è stata mutilata e quasi uccisa dal marito. Da allora diviene paladina della lotta contro la violenza domestica in Russia. Molti russi sono rimasti scioccati quando il parlamento ha ridotto significativamente le sanzioni per violenza domestica. Da allora, le donne hanno combattuto, chiedendo una nuova legislazione per frenare le violenze.
La mattina dell’undici dicembre 2017 il marito di Margarita, Dmitrij, si è offerto di darle un passaggio al lavoro, ma invece ha guidato nella direzione opposta, verso il bosco. Ha parcheggiato la macchina, l’ha trascinata dal sedile, ha preso un’ascia dal bagagliaio e le ha tagliato entrambe le mani. Poi l’ha lasciata al pronto soccorso del loro ospedale locale a Serpukhov, a sud di Mosca, prima di guidare alla stazione di polizia e confessare il suo crimine.
Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa. Al posto della mano destra, che non sono riusciti a salvare, ha una protesi bianca e nera, che non deve bagnarsi, e questo complica ulteriormente le cose. Ha dovuto ricercare un nuovo senso dell’ordinario e una nuova autonomia, al di là del trauma fisico e morale infertole dal marito. Con due figli, non può fare diversamente. La violenza subita diventa parte integrante della sua biografia, parte della sua vita come la scuola, il diploma, il matrimonio, i figli e il lavoro. La sua storia rimbalza sui notiziari, nei dibattiti sulla necessità di una legge contro la violenza domestica in Russia, nei documentari e nel suo libro autobiografico “Felice senza mani“, diventando un punto di riferimento per le vittime di violenza. C’è chi la loda per il coraggio e la tenacia, ma non è sostenuta da tutti, c’è chi l’accusa di farsi solo pubblicità. Resta impegnata nella sua attività di denuncia discutendo con politici, personaggi pubblici e funzionari.
Vitalij Milonovyj sostiene che una legge per prevenire la violenza domestica in Russia andrebbe a discapito della famiglia tradizionale. Che le mogli devono sopportare: ‘se ti prendono a botte vuol dire che ti amano, tu sopporta, non c’è niente di male.’
Le donne non vogliono arrendersi a certe violenze maschili, vogliono battersi per la parità di genere e contro le discriminazioni sessuali. Per Graceva non è stato facile denunciare quello che le è successo, ma lo ha fatto perché voleva che Dimitri ricevesse una condanna esemplare, bisogna avere il coraggio di parlare, la violenza non deve passare come inosservata o accettabile. I giornali, i dibattiti, le televisioni estrapolano la notizia, deformano i fatti originali e ognuno dice la sua su come si sarebbe potuto evitare il tragico epilogo, o sulla possibilità che ci fosse stato un tradimento (come se questo giustificasse la violenza). È doppia violenza, quando la vittima non viene creduta o viene colpevolizzata dal sistema giuridico, dall’opinione pubblica o dalla rete sociale nel suo complesso.
Secondo una ricerca circa una famiglia russa su dieci ha vissuto episodi di violenza domestica, per l’80% dei casi si tratta di donne e il 35% di loro non si rivolge alla polizia per vergogna o sfiducia. La risposta delle autorità è carente, la legge non riconosce la violenza domestica come un reato.
Sejkina, madre di Graceva, oggi lotta anche lei: ‘non c’è una legge contro la violenza domestica o centri d’aiuto per le vittime, le autorità si disinteressano del fenomeno continuando a sostenere che il problema è ingigantito dai giudici e dalle femministe. È come sbattere la testa contro un muro.‘
A sostenere Graceva in tribunale è stata l’avvocata Mari Davtjan, tra le autrici del progetto di legge contro la violenza domestica.
Dimitri è stato condannato a 14 anni e mezzo, forse merito della risonanza mediatica del caso. Nelle famiglie russe persistono ancora molteplici violenze fisiche, verbali, psicologiche a cui sono soggetti donne, bambini ma anche uomini, anziani. Negli ultimi anni questi casi assumono risonanza mediatica grazie ai mezzi d’informazione e alla mobilitazione e proteste da parte della popolazione. Il disegno di legge contro la violenza domestica non è ancora stato approvato.
Ortodossi e conservatori sostengono che una legge simile sarebbe contro la famiglia, contro lo stato e la società tradizionale, ma le persone si sono rese tacitamente conto del problema. A opporsi a una legislazione in tutela delle donne è ormai una minoranza, segno che non ci si deve arrendere nonostante le resistenze. Il caso Graceva costringe molte persone a considerare seriamente il problema. L’enorme risonanza è dovuta alla brutalità senza precedenti, la vicenda mostra che la violenza familiare stava prendendo forme mostruose e che bisognava fare qualcosa. Oggi Graceva trova dentro di sé e attraverso i suoi cari la forza per continuare a vivere, amare ed essere felice. Non è forte colui che ferisce una donna, ma quella stessa donna che lotta, prova a rialzarsi e a continuare a vivere.
‘Mi offende il fatto che niente cambi. È difficile. Stiamo qui a discutere e non andiamo da nessuna parte.’ dice Graceva. Ogni tanto pensa a cosa le potrebbe succedere quando lui uscirà di prigione e si sente indifesa. Nessuno può impedire a suo marito di farle ancora del male una volta uscito di prigione. Quando sarà realmente affrontato il problema della violenza domestica, non solo in Russia, ma a livello mondiale?
Come testimoniano i fatti di cronaca recenti, urge una presa di posizione forte contro tanta disumanità fortemente intollerabile.
Vittoria Rossi
MAIN SOURCE: Internazionale N°1936 – 12/18 FEBBRAIO 2021