Israele: l’Apartheid del ventunesimo secolo.

Israeli cabinet meeting

E’ ufficiale quindi, il Parlamento israeliano (la Knesset) ha approvato una delle leggi più controverse che lo riguardano, quella sullo “Stato della nazione ebraica”, norma che definisce ufficialmente Israele come uno stato esclusivamente ebraico. Viene dichiarata Gerusalemme come capitale e vengono riconosciuti il calendario, la lingua e le festività ebraiche come quelle ufficiali dello Stato, mentre l’arabo viene rimosso dalla categoria di “lingua ufficiale” del paese accanto all’ebraico, concedendogli unicamente uno “status speciale”. Un’altra clausola della legge stabilisce che l’estensione delle comunità abitate da ebrei israeliani in territorio palestinese, sia interesse nazionale di Israele.

La legge è stata promossa dal primo ministro Benjamin Netanyahu ed è stata appoggiata dalle forze di destra del Parlamento israeliano.

A favore del provvedimento 62 deputati: contrari 55, compresi i rappresentanti dei partiti arabi, che denunciano la politica etnocentrica di Netanyahu e il razzismo verso arabo-israeliani, cristiani, non religiosi e non coloni.

Mentre i palestinesi non sono neppure menzionati, come se per “Israele Stato nazione” non esistessero affatto. Una vera politica di Apartheid, dunque, in cui semplicemente non essere ebrei significa rimanere esclusi, emarginati da uno Stato che riconosce quella ebraica come l’unica etnia che può rivendicare la totalità dei diritti.

Roberto Cuturello

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