Giulio Regeni e Patrick Zaky: forse non è solo un déjà-vu

Quante volte abbiamo sentito affermare che la storia è maestra di vita? Quante volte abbiamo ascoltato personaggi di rilievo, illustrissimi e luminari del settore dire che la storia è importante e utile a far sì che gli stessi errori non vengano commessi due volte? A quanto pare non sempre però va così, per Giulio Regeni e Patrick Zaky è diverso; pare che la storia si debba e, soprattutto, si voglia ripetere. Il parallelismo tra i due, come scrive Catherine Cornet, per il periodico l’Internazionale, è agghiacciante. Se per il primo sono trascorsi già quattro anni dalle aberranti torture subite da parte degli agenti di sicurezza, torture che lo hanno portato alla morte, per il secondo il calvario sembra appena iniziato: arrivano infatti notizie di maltrattamenti simili da parte degli stessi e soliti carnefici. Come sottolinea l’autrice dell’articolo, questa volta l’Italia e l’Europa hanno il dovere e l’obbligo di farsi sentire e di non fare un solo passo indietro.

Ma cerchiamo di fare il punto della situazione: Patrick, ragazzo egiziano di 27 anni, studente dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, si occupa di diritti umani e frequenta un Master in studi di genere e sulle donne; ha aderito al progetto “Gemma”, finanziato dall’Erasmus Mundus dell’Unione Europea. È stato arrestato lo scorso 7 febbraio, nell’aeroporto del Cairo, appena tornato in madre patria per fare una visita alla famiglia. L’accusa e le motivazioni dell’arresto, riportate dalla testata online “Osservatoriodiritti.it”, si riferiscono ad una sua “ responsabilità” nel fomentare le manifestazioni per il rovesciamento del governo, nel pubblicare false notizie sui social media con l’intento di minare l’ordine pubblico, nel promuovere l’uso della violenza e istigare al terrorismo. “È stato arrestato perché denuncia il lato oscuro dell’Egitto”.

C’è stato un contatto e un dialogo fra l’avvocato di Zaky e il sito indipendente egiziano, Mada Masr: si è venuti a sapere che il ragazzo è stato bendato e trattenuto per lunghe ed estenuanti 17 ore in aeroporto, successivamente è stato trasferito in una sede della sicurezza nazionale a Mansura, nonché sua città natale, e lì è stato picchiato, torturato, abusato verbalmente e minacciato di stupro. È stato anche interrogato in presenza del proprio difensore, ponendo particolare attenzione sul suo lavoro concernente i diritti umani e sulla sua permanenza in Italia.

Quello che maggiormente preme al paese egiziano è ribadire che la questione sia di tipo interno, che vada a coinvolgere esclusivamente dinamiche a livello nazionale e dunque che non si vuole l’intromissione di altri soggetti internazionali: c’è chi addirittura, come Nashat al Dihy, presentatore di una trasmissione locale, arriva ad insinuare che Patrick sia gay, che sia andato a frequentare all’estero un master sull’omosessualità, per procedere poi a diffondere l’omosessualità nel paese. Inquietante è il fatto che anche intorno allo stesso Giulio Regeni, quattro anni fa, fu costruita una campagna di stampa con il pretesto dell’omosessualità (evidentemente argomento assai inquietante per loro!).

Duole ammetterlo, ma purtroppo lo scenario di Zaky e Regeni è frequente in Egitto: l’associazione Amnesty International Italia, da quanto si evince sempre nell’articolo scritto per Internazionale, parla di “una vera e propria tendenza che vede centinaia di studenti, attivisti politici e manifestanti, compresi minorenni, sparire nelle mani dello stato senza lasciare traccia”. Per questa ragione, per le persone care e vicino a Patrick, è importante l’intervento e la presenza in prima linea di una democrazia occidentale come l’Italia che, insieme all’Europa, sta a rappresentare l’ultima speranza, prima della punizione e morte certa. È diventata icona della vicenda il murales dell’artista Laika, realizzato pochi giorni dopo l’arresto, sui muri di Villa Ada a Roma, nei pressi dell’ambasciata d’Egitto in Italia: un Giulio Regeni che abbraccia da dietro Patrick e gli sussurra “questa volta andrà meglio”.

È l’augurio di tutti quanti, di chi lotta per la verità, di chi crede ancora nell’arte della diplomazia, come strumento e mezzo per poter giungere ad una soluzione reale e non violenta. Tuttavia, l’Italia e l’Europa devono “recuperare un minimo di fermezza morale nei loro rapporti diplomatici nel Mediterraneo”.

Claudia Filippi

https://www.internazionale.it/opinione/catherine-cornet/2020/02/13/egitto-patrick-zaki-italia

https://www.osservatoriodiritti.it/2020/02/13/patrick-zaky-chi-e-amnesty-giulio-regeni-unibo-egitto/

 

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