Fame zero

E’ questo il nome del secondo obiettivo sostenibile dell’agenda 2030 delle nazioni unite. Il programma si propone di mettere fine alla fame e raggiungere la sicurezza alimentare per gli 821 milioni di persone che ancora oggi, in tutto il mondo, sono denutrite. Ed è di questo che oggi ho scelto di parlare con voi, una piccola riflessione su una situazione di cui tutti parlano, ma in cui pochi agiscono.

I dati ci dicono che nel mondo una persona su nove è denutrita, ma addirittura una su tre soffre di malnutrizione. Le tendenze sono in rialzo negli ultimi anni: l’anno appena concluso, secondo il rapporto “Lo stato di sicurezza e nutrizione nel mondo”, ha visto un ritorno a dieci anni prima in quanto a numeri e dati. E’ un dato che non ci si aspetterebbe di sentire in un mondo dove, annualmente, 1.6 miliardi di tonnellate di generi alimentari vengono buttate via. Quali sono le cause di questa situazione? Dove trovare le possibili soluzioni? E’ davvero possibile raggiungere l’obiettivo che le Nazioni Unite si prefiggono?

I due principali accusati dell’aumento registrato, sono i violenti conflitti che si stanno verificando in diverse aree del mondo e i cambiamenti climatici. Conflitti dalle apparenti ragioni politiche, ma che altro non sono che per la gestione delle risorse presenti nel territorio. Clima che rende aride terre che prima erano fertili e deserte zone un tempo prosperose.

Per apportare un significativo miglioramento a questo disastro è necessario un cambio radicale del sistema di produzione agricola, attraverso un grosso piano di investimenti che incrementino la produttività, ma che rendano il processo produttivo sostenibile per noi e per la nostra terra. Queste, però, non sono le uniche difficoltà: c’è un significativo gap che differenzia le possibilità per uomini e donne di avere accesso alle risorse agricole, una mancanza di infrastrutture, di macchine agricole e di elettricità. Il 2030 sembra lontano, ma il tempo scorre e nessun cambiamento decisivo sembra debba prendere piede a breve. Gli obiettivi sono tanti e richiedono un dispendio di risorse forse non disponibili o non accessibili. Ma se è vero che l’obiettivo è ambizioso, è altrettanto vero che per la prima volta si propone un cambiamento così radicale, che possa potenzialmente mettere fine al problema in un’analisi di lungo periodo. L’obiettivo “zero hunger” ci dà quindi ancora modo di sperare in un mondo più giusto e inclusivo, dove sia garantito a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di ogni essere umano, nel rispetto della natura e del nostro pianeta.

Silvia Cabras

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