Il 25 settembre 2015 venne approvata all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Risoluzione 70/1, risoluzione conosciuta col nome di “Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile“. Si tratta di un programma d’azione articolato in 17 nobili ed ambiziosi obiettivi, a loro volta suddivisi in 169 sotto-traguardi, che i 193 stati membri dell’ONU si sono impegnati a raggiungere entro il 2030.
In quanto Centro per la Pace, oltre ad impegnarci personalmente per la promozione ed implementazione di alcuni obiettivi, ci siamo chiesti a che punto siano i “lavori” dopo ben sei anni dall’adozione della Risoluzione. Per questo motivo, nelle settimane a venire ci dedicheremo a riportare i progressi attualmente svolti (o non), col fine di sensibilizzare e constatare l’efficacia delle azioni intraprese a livello nazionale.
L’Agenda non costituisce una novità di per sé, giacché si tratta dell’evoluzione, se non il frutto, di numerosi tentativi simili, elaborati nei decenni successivi all’istituzione dell’organizzazione stessa. Ciononostante, sono state molte le novità apportate che la rendono complessa, inclusiva ed unica nel suo genere, a partire dal processo di elaborazione.
Come nasce l’Agenda?
Per poter capire l’importanza degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (OSS), è utile fare qualche cenno alla loro storia.
Nel 1945, ben 51 paesi sottoscrissero la Carta di San Francisco, nel cui preambolo si legge: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra… a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole… a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà”.
Questi erano e sono tuttora i principali obiettivi dell’ONU. Obiettivi che,nei primi 15 anni di vita dell’organizzazione, vennero però eclissati dalle preoccupazioni contingenti al delicato periodo storico vissuto immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale (i.e. inizio della Guerra Fredda). Fu solo con l’inizio di quella che viene comunemente chiamata “détente” e, soprattutto, con il processo di decolonizzazione e la conseguente adesione dei nuovi paesi indipendenti, che si iniziò a reclamare all’interno dell’ONU una maggiore attenzione al tema “sviluppo”.
Fu così che vennero inaugurati i cosiddetti “Decenni per lo Sviluppo” a partire dal 1961 fino al 2001.
Inizialmente, la concezione di sviluppo si limitava principalmente ad uno sviluppo di natura economica, con i relativi obiettivi e le misure per conseguirli, oltre a quelli dettati anche dal contesto storico (ad esempio, uno degli obiettivi prefissati per il decennio 1971 -1980 era l’eliminazione del colonialismo).
Solo in occasione del “Quarto Decennio” (1991-2000) vennero introdotti due concetti fondamentali, pilastri dell’attuale Agenda: i concetti di sviluppo umano e sviluppo sostenibile.
Sin dagli anni ’70 si iniziò a comprendere che “crescita economica” non è sinonimo di sviluppo e benessere collettivo (bisogna, infatti, tener conto anche della distribuzione della ricchezza creata, ad esempio) e nel 1990 il Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) definì ciò che intendeva per sviluppo umano: quel “processo di ampliamento delle possibilità umane che consente agli individui di godere di una vita lunga e sana, di essere istruiti e di avere accesso a un livello di reddito tale da garantire uno standard di vita dignitoso”. Ovvero, fare in modo che ad ogni individuo venga data la possibilità e gli strumenti per sviluppare e migliorare la propria persona e la propria condizione. Si precisa, inoltre, che l’essere umano debba essere posto al centro di tutte le preoccupazioni, non come mezzo per lo sviluppo, ma come fine stesso.
Introdotto per la prima volta nel rapporto “Our Common Future”, meglio conosciuto come “Brundtland Report”, per sviluppo sostenibile si intende, invece, quello sviluppo, anche di natura economica, che permetta di soddisfare i bisogni umani, senza compromettere la possibilità che lo facciano le generazioni future: un uso equilibrato e moderato delle risorse naturali, per far sì che tutti possano goderne, anche in futuro. Ciò implica che la sfida non si limiti ai confini nazionali, bensì abbia carattere globale.
Dopo quattro decenni di risultati non soddisfacenti, si arriva al 2000 con l’approvazione della famosa “Dichiarazione del Millennio” – risoluzione 55-2 AGNU – che sancì gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (MDGs): la definizione di traguardi quantitativi, associati ad un lasso di tempo per la realizzazione e indicatori di seguimento (per ulteriori informazioni, cliccare qui) da implementare entro il 2015.
Le critiche non mancarono tuttavia, specialmente da parte della società civile. La Dichiarazione, infatti, oltre a non essere stata interamente implementata pur essendo un’“agenda di minimi”, presentava un’evidente asimmetria nella distribuzione delle responsabilità: il carico maggiore gravava sui paesi meno sviluppati e più poveri (categoria che oltretutto risulta sempre meno chiara e definita oggigiorno).
Inoltre, la sua definizione suppose una semplificazione dei temi emersi dai vari summit tenuti a partire dal Quarto decennio: la lotta contro la povertà assunse una posizione di rilievo che portò a trattare in modo meno approfondito altre questioni altrettanto importanti (i.e. forme immateriali di progresso, libertà politica, partecipazione sociale, lotta contro la discriminazione e tanto altro).
Infine, oltre alla mancata partecipazione degli stati membri alla definizione del programma – frutto di un ristretto gruppo di funzionari dell’ONU – nella sua elaborazione non ci si focalizzò sufficientemente sulle cause e sulle possibili strategie e soluzioni.
Fu proprio dalle novità e dalle critiche mosse alla Dichiarazione del Millennio che si sviluppò la seconda Agenda di durata quindicennale.
Come già detto, innovativo fu il processo di elaborazione: a partire dal 2013 presero il via due processi paralleli. Da un lato, si definirono gli obiettivi della nuova Agenda all’interno del cosiddetto Open Working Group; dall’altro, lo UNDP guidò diverse consultazioni e dibattiti svolti a livello nazionale, regionale ed internazionale, coinvolgendo anche la popolazione, in quella che è stata la più grande inchiesta della storia per capire quali effettivamente fossero i bisogni percepiti come tali nella vita di tutti i giorni.
L’Agenda rappresenta un evento storico anche da altri punti di vista, in quanto si è discussa ed affermata definitivamente l’insostenibilità del precedente modello di sviluppo, produzione e consumo, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale.
Inoltre, “tutti i paesi, senza più distinzione tra sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, sono chiamati a contribuire tramite una propria strategia nazionale di sviluppo sostenibile (SNSvS) all’interno di un processo coordinato dall’ONU” che tenga conto, allo stesso tempo, delle effettive possibilità e condizioni di ogni singolo Stato Membro (lo sforzo è proporzionale al contesto nazionale).
Gli obiettivi sono stati definiti in modo tale da non permettere a nessun paese di venire escluso dal processo, né di trascurare nessun settore: “Leave No One Behind” (nessuno rimarrà indietro), questo è il motto dell’Agenda. Nessuna società è perfetta e tutte, a modo loro, possono migliorarsi seguendo i punti del programma.
Infine, l’attuazione dell’Agenda richiede il coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese al settore pubblico, dalla società civile alle istituzioni filantropiche, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura. Un esempio è l’impegno con cui l’Università di Bologna si propone di chiedere “a tutti i responsabili di attività formative, di indicare se e in quale misura i propri insegnamenti contribuiranno alla realizzazione di uno o più obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030” come si evince dalla descrizione di ogni corso di facoltà dell’Ateneo.
Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile
Gli obiettivi dell’Agenda sono interconnessi, universali, rivoluzionari ed indivisibili. “Bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: crescita economica, inclusione sociale, tutela dell’ambiente, estendendo l’Agenda 2030 dal solo pilastro sociale, previsto dagli Obiettivi del Millennio, agli altri due pilastri, economico ed ambientale”.
Uno dei principi cardine alla base dell’Agenda è l’interdipendenza: non si può raggiungere un obiettivo senza lavorare sugli altri. La suddivisione è semplicemente di natura pratica, non vi è una gerarchia.
Cosa sono le 5 P?
Ne sono la chiave le famose “cinque P” (in inglese) sulle quali si articolano gli OSS (direttamente da ciò che c’è scritto nell’Agenda):
PERSONE: Siamo determinati a porre fine alla povertà e alla fame, in tutte le loro forme e dimensioni, e ad assicurare che tutti gli esseri umani possano realizzare il proprio potenziale con dignità ed uguaglianza in un ambiente sano.
PIANETA: Siamo determinati a proteggere il pianeta dalla degradazione, attraverso un consumo ed una produzione consapevoli, adottando misure urgenti per combattere il cambiamento climatico, gestendo le risorse naturali in maniera sostenibile, in modo che esso possa soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e di quelle future.
PROSPERITÀ: Siamo determinati ad assicurare che tutti gli esseri umani possano godere di vite prosperose e soddisfacenti e che il progresso economico, sociale e tecnologico avvenga in armonia con la natura.
PACE: Siamo determinati a promuovere società pacifiche, giuste ed inclusive che siano libere dalla paura e dalla violenza. Non ci può essere sviluppo sostenibile senza pace, né la pace senza sviluppo sostenibile.
PARTNERSHIP (COLLABORAZIONE): Siamo determinati a mobilitare i mezzi necessari per implementare questa Agenda attraverso una Collaborazione Globale per lo sviluppo Sostenibile, basata su uno spirito di rafforzata solidarietà globale, concentrato in particolare sui bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili e con la partecipazione di tutti i paesi, di tutte le parti in causa e di tutte le persone.
Gli obiettivi
Obiettivo 1 Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo.
Obiettivo 2 Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile.
Obiettivo 3 Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età.
Obiettivo 4 Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.
Obiettivo 5 Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze.
Obiettivo 6 Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie.
Obiettivo 7 Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni.
Obiettivo 8 Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti.
Obiettivo 9 Costruire un’infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile.
Obiettivo 10 Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le nazioni.
Obiettivo 11 Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili.
Obiettivo 12 Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.
Obiettivo 13 Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico
Obiettivo 14 Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile.
Obiettivo 15 Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre.
Obiettivo 16 Promuovere società pacifiche e inclusive per uno sviluppo sostenibile.
Obiettivo 17 Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.
Chi ne supervisiona la corretta attuazione?
Ogni Governo è il primo responsabile per il controllo sull’attuazione dell’Agenda e sui risultati delle
politiche adottate a livello nazionale, mentre, a livello globale, questo compito spetta all’High-level Political Forum on Sustainable Development (HLPF), il quale comprende tutti gli Stati Membri dell’ONU. L’HLP Forum si riunisce periodicamente, sia a livello ministeriale (ogni anno), che intergovernativo (ogni quattro anni).
Questo consiste principalmente in una piattaforma dedicata al monitoraggio dell’implementazione dell’Agenda, alla valutazione dei progressi, dei risultati e delle sfide e a garantire che non si retroceda, né si faccia “meno del necessario”.
Ma come? Ad esempio, nella piattaforma vengono rese pubbliche le cosiddette Voluntary National Reviews (Revisioni Volontarie Nazionali): documenti in cui si constata l’andamento del paese preso in esame verso il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda. Ciò può avvenire periodicamente su base volontaria: l’Italia si è sottoposta alla sua prima VNR nel 2017. Lo scopo è quello di condividere ed apprendere eventuali successi, difficoltà e/o casi fallimentari da parte di ogni paese, per far sì che sia di ispirazione per gli altri Stati Membri.
Inoltre, ogni anno viene pubblicato il Rapporto ASviS, pubblicazione principale dell’Alleanza per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in Italia. Il documento presenta gli aggiornamenti circa l’attuazione dell’Agenda, sia a livello internazionale, che Europeo e nazionale.
Per concludere…
L’Agenda per lo Sviluppo costituisce una pietra miliare nella lotta contro quelle che sono considerate le sfide maggiori a livello globale (cambiamento climatico, povertà, ingiustizia, disuguaglianza, varie forme di violenza e tanto altro).
Sebbene possa apparire lontana, un qualcosa di puramente tecnico, come spesso accade per tutti quei progetti rivolti principalmente ai Governi dei singoli stati (cosa che si vuole evitare di ripetere in questo caso), l’Agenda mira, invece, a coinvolgere tutti noi nella nostra quotidianità: noi siamo sia il mezzo che il fine stesso dell’Agenda.
Ci sarebbe molto altro da dire e su cui discutere a riguardo, ed è per questo che il Centro Pace ha deciso di dedicare più uscite settimanali al tema.
Ovviamente, vi invitiamo anche a consultare direttamente le fonti ufficiali e magari, se c’è un particolare obiettivo a cui vi sentite più vicini, prendere l’iniziativa e fare qualcosa nel vostro “piccolo”. Non ci vuole molto per passare dal “micro” al “macro”: è questo lo spirito dell’Agenda.
Rebecca Marchegiani
Fonti:
Assemblea Generale Nazioni Unite. Risoluzione. 16/1710, 1960; UNGA. Res. 25/2626, 1970 ; UNGA. Res. 35/56, 1980 ; UNGA. Res. 45/199, 1990
Camera dei Deputati. Servizio Studi. XVIII Legislatura. 2020. “La Comunità internazionale e l’attuazione dell’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile”. [online] Disponibile a: <https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1105015.pdf>
Dipartimento per la Pubblica Informazione NU. n.d. “Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile” – Presentazione. [online] Disponibile a:
<https://unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/SDG-presentazione.pdf>
Dipartimento per la Pubblica Informazione NU. 2015. “Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015 – 70/1. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”. [online] Disponibile a:
<https://unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/Agenda-2030-Onu-italia.pdf>
Link consigliati:
https://unric.org/it/agenda-2030/
https://asvis.it/rapporto-asvis/#
Punto di Contatto Nazionale Italia. n.d. “Gli obiettivi di sviluppo sostenibile”. [online] Disponibile a: https://pcnitalia.mise.gov.it/index.php/it/220-galleria-fotografica/2035803-gli-obiettivi-per-uno-sviluppo-sostenibile
Le Nazioni Unite in breve [online]. Disponibile a: https://unric.org/it/le-nazioni-unite-in-breve/