“Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze” è questo il contenuto principale dell’obiettivo 5 dell’Agenda 2030. Fortunatamente, la parità di genere – termine distinto da “uguaglianza” – è un tema che si sta facendo largo nell’opinione pubblica, l’istruzione ed i dibattiti correnti.
Che cosa si intende per genere?
Occorre però soffermarci, innanzitutto, sulla definizione stessa di “genere”. L’OMS ne dà un’accurata, ma chiara descrizione: parafrasando, per “genere” si intendono quelle determinate caratteristiche che vengono associate a donne, ragazze/i e uomini e che sono un costrutto sociale. Queste caratteristiche includono convenzioni sociali, comportamenti e ruoli associate al sesso delle persone. Infatti, sesso e genere non sono la stessa cosa: se il genere è un costrutto sociale che varia di società in società e nel corso della storia, il sesso di un individuo si riferisce a quelle differenze biologiche e psicologiche in femmine, maschi ed intersessuali, quali cromosomi, ormoni ed organi riproduttivi. Diversa ancora è “l’identità di genere”: questa consiste nella percezione di sé e del genere a cui ci si sente “appartenere”, il quale potrebbe non corrispondere alla propria fisiologia o al sesso di nascita. Detto ciò, sembra illogica l’esistenza di un qualsiasi tipo di discriminazione e/o disparità basata solo sul sesso di un individuo, ergo sul suo genere e, molto spesso, anche sulla propria identità di genere. Eppure, è così in tantissime società, tra cui quella italiana.
Il gender gap in Italia: un problema reale
Secondo il Global Gender Gap Report 2021, l’Italia risulta al sessantatreesimo posto per “estensione” del gender gap. Per gender gap, si intende quel divario tra i due sessi (in un sistema semplicisticamente binario) che riguarda non solo l’ambito lavorativo (solo il 3% di CEO in Italia è donna). La pandemia ha contribuito a rallentare un progresso già lento: i settori più colpiti dal Lockdown, sono quelli in cui le donne risultano essere maggiormente impiegate e se si pensa poi al fatto che il 70% degli assistenti sanitari e non al mondo è donna, le pressioni subite per il mantenimento della casa e la cura dei figli in DAD, non costituiscono solo un problema morale, ma anche pratico.
L’Obiettivo 5 e i suoi Goals
Oltre all’ambito lavorativo, l’obiettivo 5 riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana, come quello della salute e della libertà di decidere del proprio corpo, ad esempio. Se si guarda maggiormente ad alcune regioni italiane, come le Marche e l’Umbria, si nota come siano state implementate delle restrizioni sull’assunzione della ‘’RU-486’’ e sull’aborto; ciò fa capire come il progresso non sia un qualcosa di lineare, né tantomeno garantito.
Vediamo, ora, alcuni Goals di tale Obiettivo:
5.1 Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze
5.2 Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo
5.3 Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili
5.4 Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali
5.5 Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica
5.6 Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d’Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d’Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze
5.a Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali
5.b Rafforzare l’utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, per promuovere l’emancipazione della donna
5.c Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli
Come si può ben notare, gli aspetti elencati spaziano dall’emancipazione economica, ad una maggiore inclusione e rappresentazione, dai diritti sessuali e riproduttivi (SRHR) alle varie forme di violenza fisica di cui il genere femminile è maggiormente vittima.
L’Europa e l’obiettivo 5, quali traguardi?
Fig.1. Fonte Report ASviS.
La strategia della Commissione europea per la parità di genere
Il 5 marzo 2020, la Commissione europea ha adottato la propria strategia per assicurare entro il 2025 il raggiungimento dell’obiettivo in tutti i settori dell’Unione Europea (COM (2020) 152 final20). Le tre azioni chiave della strategia europea si possono riassumere nella lotta alla violenza sulle donne, nella possibilità per le donne di raggiungere posizioni apicali nel mondo lavorativo e nella politica, e nell’adozione della prospettiva di genere in tutti i provvedimenti normativi. Approccio determinante ed importante è quello dell’intersezionalità: la discriminazione non dipende esclusivamente da un solo fattore: anche etnia, classe sociale ed età, possono influire pesantemente.
Differenze sostanziali tra gli Stati Membri dell’Unione europea
Le differenze tra i vari Paesi riguardo tale obiettivo sono relativamente meno marcate di quelle rilevate per gli altri Obiettivi: la differenza tra il Paese più virtuoso (Svezia) e quello in fondo alla classifica (Malta) è di 22,9 punti. Tranne la Croazia e la Lituania, tutti i Paesi mostrano un aumento dell’indice composito tra il 2010 e il 2018. L’Italia è il Paese che presenta il miglioramento più ampio, grazie all’aumento della rappresentanza delle donne in parlamento e nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa; in questo modo, il nostro Paese si colloca in settima posizione, nonostante i forti ritardi sulla differenza occupazionale di genere che nel 2018 si attesta a quasi il doppio di quella europea (19,8% rispetto all’11,6%). Per il Goal 5 la quota di donne elette nei parlamenti nazionali è l’indicatore che pesa di più̀ sulla variabilità delle performance dei vari Paesi
Fig. 2. Fonte Report ASviS.
E per quel che concerne il nostro Paese? A che punto siamo?
Fig.3. Fonte Report ASviS
L’Italia: passi avanti e arretramenti
Dopo aver vissuto un leggera flessione, avvenuta nel 2016, i dati riguardanti l’Italia subiscono un notevole miglioramento, ma con una tendenza molto meno decisa. Ciò che sostiene il buon andamento sono, sicuramente, gli aumenti della percentuale di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e negli organi decisionali; gli unici indicatori negativi sono quelli che riguardano il rapporto di femminilizzazione del tasso di immatricolati in corsi universitari del tipo scientifici e tecnici ed il tasso di lavoro part-time involontario, significativamente cresciuto per le donne. Per quel che riguarda il 2020, secondo gli ultimi dati Istat, il tasso di occupazione femminile, nel secondo trimestre, è diminuito di 2,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo preso in considerazione nel 2019, contro i 1,6 punti percentuali degli uomini, evidenziando come, la crisi, stia svantaggiando le donne nel mondo del lavoro.
Sulla base delle informazioni disponibili, si ritiene che nel 2020 la crisi peggiorerà le disuguaglianze di genere.
La Legge di Bilancio 2020 ha mostrato molta più attenzione, rispetto al passato, al contrasto della violenza di genere, con l’aumento dei finanziamenti, 4 milioni di euro, destinati alla realizzazione del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere; per l’istituzione i di corsi universitari di genere al fine di promuovere l’educazione alle differenze di genere (un milione di euro). È stata, altresì, autorizzata la spesa di un milione di euro per l’anno 2020 e di due milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021 per rafforzare la rete volta all’assistenza delle vittime di reato: si tratta di interventi finalizzati alla tutela sociale e assistenziale delle vittime, assicurando i diritti di informazione, sostegno emotivo e psicologico, protezione e consigli anche per prevenire forme di vittimizzazione secondaria e ripetuta.
Fonti:
AGNU. Risoluzione. 70/1, 25 settembre 2015.
https://www.internazionale.it/reportage/annalisa-camilli/2021/02/17/donne-diritti-umbria-marche
http://www3.weforum.org/docs/WEF_GGGR_2021.pdf
https://asvis.it/rapporto-asvis-2020/
https://www.who.int/health-topics/gender#tab=tab_1
https://dashboards.sdgindex.org/static/countries/profiles/Italy.pdf
https://www.altalex.com/documents/news/2021/02/24/ruolo-donne-parita-di-genere-per-sviluppo-sostenibile