Acquarius – responsabilità di chi?

Si sta parlando molto in questi giorni della nave Acquarius, eppure al focus delle discussioni pare sfuggire il vero problema alla base del rifiuto dei governi italiano e maltese di far approdare la nave nel loro territorio. Ancora una volta i giochi di politica sono posti al di sopra della salvaguardia dei più vulnerabili, e questa volta il gioco viene giocato sulla pelle di 629 persone. 

La nave Acquarius, appartenente alla ong SOS Mediterranèe e Medici Senza Frontiere (MSF), dopo aver salvato 629 persone al largo del Mar Mediterraneo si vede rifiutato l’accesso in un porto sabato 9 giugno, bloccata a 35 miglia dalle coste italiane e a 27 da Malta.

Le persone a bordo, che includono bambini e donne incinte, sono state soccorse in diverse operazioni al largo della Libia, con il coordinamento della Centrale Operativa della guardia costiera di Roma, salvo poi vedersi negato il permesso ad approdare in Italia o a  Malta, i paesi geograficamente più vicini. Dopo giorni di stallo è sembrato che una soluzione arrivasse dal nuovo Primo Ministro spagnolo Pedro Sanchez, insediatosi al governo lo scorso 2 giugno, il quale ha affermato che avrebbe garantito un porto sicuro per la nave a Valencia, ma la proposta certo non è ottimale. Secondo i funzionari di MSF, infatti, un porto più vicino sarebbe preferito rispetto a un viaggio di ulteriori 4 giorni, considerando il peggioramento previsto delle condizioni meteorologiche e il raggiungimento della capacità massima a bordo, con le conseguenti ripercussioni sulle limitate scorte alimentari. Ma così si è proceduto, con l’aiuto della guardia costiera italiana che sta al momento scortando l’Acquarius con due navi per trasportare personalmente alcuni dei rifugiati, alleviando in questo modo il problema del sovrappopolamento. 

Il tragitto fino al porto spagnolo durerà dai tre ai quattro giorni.

Gli operatori di MSF a bordo hanno espresso preoccupazione per le condizioni di salute di alcuni pazienti a seguito del loro salvataggio e fanno appello al diritto internazionale: le persone salvate in mare devono essere fatte sbarcare nel porto sicuro più vicino al luogo del soccorso. 

Il diritto marittimo internazionale infatti stabilisce che in casi di pericolo (e l’Acquarius può rientrare in questa definizione) si debba procedere il più velocemente possibile al soccorso (dunque procedere in merito sarà responsabilità dello stato più vicino, che proprio grazie a questa vicinanza può fornire l’aiuto più rapido possibile).

Art 2.1.9. – Convenzione Internazionale sulla ricerca ed il soccorso in mare

“Qualora esse vengano informate che una persona è in pericolo in mare, in una zona in cui una Parte assicura il coordinamento generale delle operazioni di ricerca e di salvataggio, le autorità responsabili di detta Parte adottano immediatamente le misure necessarie per fornire tutta l’assistenza possibile”.

Art. 98 Obbligo di prestare soccorso – Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare

“1. Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri:

a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo;

b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa;

c) presti soccorso, in caso di abbordo, all’altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunichi all’altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual è il porto più vicino presso cui farà scalo.”

Con la decisione di chiudere i porti l’Italia esercita una prerogativa statale che, in quanto stato sovrano, può esercitare, seppure a questo punto della storia non più in modo illimitato. A seguito della crescita nell’arco dell’ultimo secolo della consapevolezza dell’inviolabilità e dell’universalità dei diritti umani, alcuni stati, Italia inclusa, hanno volontariamente deciso di impegnarsi, e dunque di assumersi ulteriori obblighi, nel rispetto di determinate norme internazionali, volte proprio al riconoscimento dell’importanza di tali diritti. Sono riportate qui di sotto alcune di queste convenzioni:

  • Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare, 1974 (ratificata dall’Italia nel 1980)
  • Convenzione Internazionale sulla ricerca ed il soccorso in mare, 1979 (ratificata dall’Italia nel 1989)
  • Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego bay 1982 (ratificata dall’Italia nel 1994)
  • Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, 1950 (entrata in vigore in Italia nel 1955)
  • Convenzione di Ginevra sui Rifugiati, 1951 (ratificata dall’Italia nel 1954).

Tutte convenzioni e norme che condannano, sia in principio che per iscritto, la chiusura dei porti a navi umanitarie, a maggior ragione se in situazioni di pericolo! In questo caso infatti, secondo il diritto internazionale non è possibile impedire neanche a una nave straniera di attraccare (si parla di nave straniera, percepita quindi come massima possibile minaccia alla sicurezza e sovranità territoriale), figurarsi ad una nave umanitaria.

Senza aprire una parentesi sull’efficacia (o inefficacia) del diritto internazionale nel punire chi contravviene alle sue leggi, l’aspetto più preoccupante della questione è la chiara retrocessione del Bel Paese da quel processo di accettazione, umanitarismo, solidarietà e fratellanza che con fatica ha preso piede dalla metà del secolo scorso. I muri sono tornati a essere più importanti delle persone.

Parlando di solidarietà qualcuno potrebbe chiedersi, e l’Europa? 

Il neo Ministro dell’Interno italiano ha trovato grande appoggio negli stati dell’est, la cui politica in tema migrazione è stata sempre e solo un grande, enorme “NO”. Nessuna politica propositiva, nessun aiuto di alcun tipo. Almeno gli si può riconoscere coerenza, al contrario dell’atteggiamento del Presidente francese, incoerente tra parole, promesse e fatti, che ha acceso nelle ultime ore un vero e proprio scontro diplomatico tra Italia e Francia. Convocazioni a livello ambasciatoriale, viaggi saltati, vertici a rischio….un gioco politico fatto di scherni e ripicche che non deve far distogliere l’attenzione da quelli che sono i veri responsabili della vicenda, dell’aver lasciato 629 persone in balia del mare, con scarsità di cibo e cure mediche: la responsabilità è dell’Unione europea tutta, e di un sistema di asilo che deve essere rivisto. 

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