In Irlanda si è tenuto il referendum per abolire l’emendamento 8 della costituzione che sanciva “pari diritto alla vita” per la madre e per il feto. Il 67 % a favore del si rispetto al 33% a favore del no. Il voto ha profondamente diviso l’Irlanda Cattolica. Inoltre, a trainare la vittoria non sono stati solo, come era prevedibile, giovani, donne e centri urbani (la più alta percentuale dei sì si è registrata a Dublino, la capitale); anche le zone rurali, stando all’Irish Times, hanno votato a favore dell’aborto.
L’ultimo Referendum in Irlanda si era tenuto nel 2013 sulle unioni civili e l’Irlanda diventò il primo paese Europeo a renderle possibili tra le persone dello stesso sesso. Oggi dopo la maggioranza del si, possiamo pensare con positività anche ad una legge che possa far abortire le donne in sicurezza. La proposta del referendum si deve al primo ministro Leo Varadkar, che aveva definito l’attuale legge “troppo restrittiva”.
L’Irlanda del Nord non ha la stessa legge sull’aborto di Inghilterra, Scozia e Galles, dove è in vigore l’Abortion Act , norma che nel 1967 legalizzò l’aborto in Gran Bretagna. In Irlanda del Nord l’aborto è permesso solo se c’è il rischio per la vita della madre o per la sua salute fisica o mentale, mentre non è consentito in caso di stupro, incesto o malformazioni gravi del feto. In merito a ciò, vi era la punizione con pene fino a 14 anni di carcere. Conteneva inoltre un paradosso ipocrita, permettendo di praticare l’aborto, ma soltanto all’estero: perciò una media di 3500 irlandesi all’anno andavano a farlo per lo più in Inghilterra. In pratica era un divieto imposto soltanto alle donne più povere, spesso in famiglie di immigrati.
Abolito il bando dovrà essere approvata una legge che regolamenti l’interruzione di gravidanza. Il governo ha già predisposto uno schema di legge che permette l’aborto entro le prime 12 settimane di gravidanza. L’aborto in Irlanda è illegale da sempre, grazie al referendum che considera un feto una persona, con gli stessi diritti di ogni cittadino, rendendo di fatto impraticabile dotarsi di una qualsiasi legge che permetta di abortire. Per decenni quindi, le donne che volevano abortire, sono state costrette a solcare l’acqua fino al Regno Unito in traghetto, possibilmente andata e ritorno in giornata, verso cliniche adeguate e leggi più sensate.
Ma che paese è uno che non ti fa sentire al sicuro?
La campagna è stata molto accesa, con gli abolizionisti impegnati a presentare il referendum come un altro passo verso la modernizzazione del Paese e gli anti-abortisti che continuano a considerare il bando attuale una salvaguardia inviolabile dei diritti umani.
L’esistenza dell’ottavo emendamento rendeva però difficile anche la tutela della madre, come viene evidenziato dalla tragedia di Savita Halappanavar , una immigrata indiana che morì nel 2012 perché i medici non vollero intervenire su un aborto spontaneo che era in corso.
Il risultato del referendum si ripercuoterà in tutto il mondo e incoraggerà i movimenti a favore del diritto di aborto in altri paesi.
Per l’Irlanda, insieme al referendum sul matrimonio gay, questo è l’inizio di una nuova epoca politica. Ma c’è ancora da lottare per capire come sarà garantito il servizio, dove sarà disponibile, ecc.
È quasi incredibile pensare quanto il mondo viaggi velocemente e che in paesi come l’Irlanda si sia fatto un passo così avanzato
per riconoscere alla donna il principio di autodeterminazione.
In Europa, solo a Malta l’aborto è completamente illegale; e l’Irlanda è il secondo Paese con le maggiori restrizioni. Seguono Polonia e Finlandia, dove è permesso in caso di incesto o stupro.
Tonia Petruzzi